
Il primo ministro israeliano ieri alla Casa Bianca: intesa su tutto, dai dazi al sostegno militare contro Hamas. E il tycoon avverte Teheran: "Se i negoziati sul nucleare fallissero la Repubblica islamica sarebbe nei guai".
Mentre le Borse mondiali sono sconvolte dalla nuova politica Usa per i dazi, Donald Trump ha convocato ieri alla Casa Bianca l’amico Benjamin Netanyahu in un gesto che è stato interpretato come il segnale di una disponibilità a negoziare comunque nuove intese, Paese per Paese. In primo luogo per le importazioni da Israele, per le quali è stata preannunciata una tassazione del 17 per cento che secondo il governatore della Banca d’Israele Amir Yaron avrebbe ripercussioni "negative, ma contenute" per le esportazioni, per la produzione e per l’inflazione. "Ho assicurato a Trump – ha detto Netanyahu – che elimineremo il deficit con gli Stati Uniti".
Per l’occasione il tycoon ha ostentato grande calore verso l’ospite. Lo ha accolto all’ingresso della Casa Bianca e lo ha intrattenuto a pranzo, annullando una conferenza stampa che era stata annunciata in precedenza. Ha inoltre preceduto il colloquio con una dichiarazione di sostegno alle forze armate israeliane e ha poi detto di "essere il miglior presidente per Israele".
Trump ha inoltre esaminato la situazione a Gaza in una conversazione telefonica con il presidente francese Emmanuel Macron che era al Cairo con il presidente Abdel Fatah al-Sisi e con il re di Giordania, dai quali ha appreso la loro immutata contrarietà alla espulsione forzata di palestinesi dalla Striscia. Proprio ieri Israele ha reso noto di aver già facilitato "16 voli aerei" di gazawi decisi a lasciare la Striscia. Con l’emissario Usa Steve Witkoff Netanyahu ha discusso un progetto egiziano per un’estensione della tregua di circa due mesi in cambio della liberazione di 11 ostaggi. Netanyahu ha inoltre tastato il terreno per verificare fino a che punto Trump sia determinato a impedire all’Iran di dotarsi di armi atomiche. "Sabato inizieranno colloqui diretti con l’Iran. Speriamo abbiano successo", ha poi detto il tycoon. "Se fallissero – ha però aggiunto Trump - La Repubblica islamica si troverebbe nei guai".
Nei giorni scorsi Netanyahu ha fatto notare agli israeliani di essere il primo leader mondiale ricevuto da Trump dopo l’annuncio presidenziale sulla nuova politica dei dazi. "La fila dei leader interessati a discutere con lui le ripercussioni economiche è lunga", ha aggiunto: ma il fatto di essere lui il primo interlocutore invitato alla Casa Bianca riflette "i rapporti particolari" con Israele. In casa Netanyahu è tuttavia oggetto di forti contestazioni per il licenziamento del capo dello Shin Bet (sicurezza interna) Ronen Bar e della procuratrice Gali Baharav-Miara in quella che egli descrive come una lotta serrata contro il ‘Deep State’ Oggi in una drammatica udienza – che sarà trasmessa in diretta dalle reti nazionali – la Corte Suprema esaminerà la legalità del licenziamento di Bar. Diversi ministri anticipano che se loro malgrado fosse confermato in carica, sarebbe "boicottato e ignorato" dall’intero governo. La mossa di Netanyahu è giunta mentre Bar indaga sul ‘Qatargate’. Secondo l’ex premier Naftali Bennett esiste il sospetto che Doha abbia versato "centinaia di migliaia di dollari ai consiglieri più stretti di Netanyahu". "Mentre i nostri figli combattono Hamas a Gaza – ha esclamato su X – i suoi collaboratori hanno ricevuto fondi dal Paese che finanzia il nemico"’. Il premier parla invece di "indagine fasulla", avviata da Bar e da Baharav-Miara per sollevarlo dall’incarico. Mentre Netanyahu a Washington Israele è sull’orlo di una grave crisi istituzionale.