Lunedì 23 Dicembre 2024
REDAZIONE ESTERI

‘Giallo' Navalny, l’agitazione in carcere, le telecamere fuori uso. Forse dieci ore di ‘buio’ e poi il corpo negato

Mistero sulla data, l’orario e le circostanze della morte del dissidente russo. Lo strazio della famiglia che chiede la restituzione della salma

Roma, 18 febbraio 2024 – Alexei Navalny sarebbe morto per "sindrome da morte improvvisa". Questa è la versione ufficiale del Cremlino sulle cause che hanno portato alla morte del dissidente 47enne detenuto nella colonia penale ‘Lupo polare’ in Siberia. Ma le circostanze sono tutt’ora circondate da un alone di mistero. I collaboratori e soprattutto i familiari di Navalny sono sempre più convinti che la morte del dissidente sia avvenuta in un altro modo: c’è chi pensa dal generico malore all’embolia, dalla trombosi alla (ufficiale) versione della sindrome da morte improvvisa. Ad alimentare ulteriormente il ‘giallo’ sulla morte di Navalny è l’atteggiamento di Mosca che fino ad ora si è rifiutata di consegnare il corpo ai cari e che, addirittura, non si sa dove si trovi. In Russia solo in un caso specifico, ovvero quello di “terrorismo”, il governo può arrogarsi il diritto di non riconsegnare il corpo ai familiari.  

Nessuna certezza nemmeno sulla data e l’orario della morte. La notizia del decesso, ufficialmente avvenuto nella mattina di venerdì 16 febbraio, è stata resa nota nel primo pomeriggio. Elementi raccolti da media indipendenti, però, lasciano pensare che il decesso sia avvenuto nella notte tra giovedì e venerdì: una differenza di una decina di ore. Perché la comunicazione è arrivata così tardi? Un detenuto ha confidato a Novaya Gazeta che già nella notte tra il 15 e il 16 febbraio nel carcere c’era un certo via vai. Come se fosse successo qualcosa di grave, con i detenuti riportati tutti nelle loro celle. Difficile che emergano altri dettagli, visto che anche le telecamere di sorveglianza da giorni pare fossero fuori uso.

La ricerca della verità, quindi, è complessa, come dimostra la via crucis affrontata dalla madre di Navalny. La portavoce dell'oppositore, Kira Yarmysh, su X ha descritto la giornata che la donna e un avvocato hanno vissuto in cerca di riscontri. "L'avvocato di Alexey e sua madre sono arrivati all'obitorio di Salekhard per prendere possesso del corpo del dissidente e hanno trovato tutto chiuso, anche se la colonia penale ha assicurato che era aperto e che il corpo di Navalny era lì”. L'avvocato ha chiamato il numero di telefono che era sulla porta. Gli è stato detto che era il settimo a chiamare oggi. “Il corpo di Alexey non è all'obitorio", il primo aggiornamento. "A un altro degli avvocati di Navalny, che si è rivolto al comitato investigativo di Salekhard, è stato detto che 'la causa della morte di Alexey non è stata ancora stabilita ed è stato effettuato un nuovo esame istologico'. I risultati dovrebbero essere disponibili la prossima settimana: è evidente che mentono e fanno di tutto per evitare di consegnare il corpo".

Quindi, poco dopo le 14 italiane, il nuovo post che ha ulteriormente delineato la situazione: "Agli avvocati è stato detto che l'inchiesta è stata conclusa e non sono stati individuati elementi relativi ad un crimine. Mentono ogni volta, portandoci a spasso e cancellando le tracce". Nelle stesse ore, su X scrive Ivan Zhdanov, direttore della Fondazione anti-corruzione. "L'embolia si è rivelata una bugia", dice smontando una delle prime versioni 'pompate' da autorità e media vicini al regime. "Non restituiscono il corpo di Aleksei Navalny perché la causa della morte non è ancora stata stabilita. Quando l'avvocato e la madre di Alexei sono arrivati alla colonia penale, è stato detto loro che la causa della morte è stata una sindrome della morte improvvisa", aggiunge inserendo una nuova tessera nel mosaico che rimane estremamente opaco. In questo contesto, trovano un terreno fertile anche ipotesi più estreme e solo apparentemente fantasiose.

Navalny potrebbe essere stato vittima di "lento avvelenamento iniziato nell'agosto" dello scorso anno, come denuncia il sito di opposizione russa Sota, che cita due fonti di alto livello del Comitato investigativo. Il principale 'sponsor' dell'uccisione dell'oppositore sarebbe stato Alexander Bastrykin, capo del Comitato, che aveva in odio Navalny da quando aveva indagato su di lui nel 2012. Secondo le fonti, dopo l'arresto del blogger, Bastrykin aveva chiesto il permesso del presidente russo Vladimir Putin di ucciderlo mentre era detenuto nella colonia penale, con il sostegno del capo del Servizio penitenziario federale, Arkady Gostev. 'Licenza di uccidere' con un lento avvelenamento che sarebbe arrivata nell'agosto scorso come 'regalo' per i 70 anni di Bastrykin. Secondo il piano originale, Navalny sarebbe già dovuto morire per problemi cardiovascolari prima della fine dell'anno.