La situazione non era già abbastanza complicata. Ci voleva anche il giallo sulla telefonata fra il neo rieletto Donald Trump alla presidenza Usa e il sempiterno omologo russo, Vladimir Putin, che, alle ultime elezioni del marzo scorso, sapeva già che avrebbe vinto con l’87% dei consensi prima che si aprissero le urne. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha smentito con forza quanto pubblicato dal Washington Post due giorni fa. Secondo il noto quotidiano statunitense, i due leader si sarebbero sentiti al telefono giovedì scorso. Un primo contatto per parlare della guerra in Ucraina, con in quale il tycoon avrebbe consigliato allo zar di non avviare una escalation del conflitto e proposto di avere ulteriori contatti per una "soluzione rapida" della guerra.
"È completamente falso, pura fiction. Una fake news" ha spiegato, perentorio, Peskov ai cronisti che gli hanno chiesto un commento in materia, specificando che "la Russia andrà avanti fino al raggiungimento di tutti i suoi obiettivi" e che le armi dell’Occidente "non cambieranno il corso del conflitto". Peskov ha anche smentito che il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, abbia avviato i primi contatti per una telefonata con il presidente russo. La pace, insomma, almeno a parole la si vede ancora con il binocolo.
"Fino all’insediamento ufficiale del 20 gennaio – spiega Gianluca Pastori, docente nella facoltà di Scienze Politiche all’Università Cattolica di Milano ed esperto di politica americana – Trump potrà fare davvero poco per dare concretezza alla sua proposta. Per capire bene le sue intenzioni dovremo attendere gennaio. Fino a quel momento avremo voci difficilmente confermabili". Sulla graticola c’è soprattutto Kiev. Il Ministero degli Esteri ucraino ha fatto sapere di non essere stato informato sulla (a questo punto presunta) telefonata fra Putin e Trump.
Non solo. Il Svr, il servizio di intelligence estero di Mosca, ha fatto sapere che, secondo le sue fonti, al dipartimento di Stato di Washington starebbero lavorando per "togliere di mezzo l’arrogante Zelensky", facendo in modo di indire le elezioni, in modo tale che l’attuale capo di governo venga sostituito con qualcuno di più collaborativo. Oltre alla guerra convenzionale, anche quella psicologica. Segno che la Russia è in pressing. "La Russia – spiega ancora il professor Pastori – in questo momento sa di trovarsi in una posizione di forza. Le pressioni all’interno del Congresso per ridurre gli aiuti a Kiev sono considerevoli, anche da parte del futuro vicepresidente".
Ma per qualsiasi pronostico è ancora presto. Il presidente Trump è noto per la sua imprevedibilità. Occorre in primo luogo capire chi metterà realmente piede nel Congresso. E queste ‘fughe di notizie’ potrebbero avere anche la funzione di tastare il terreno e capire quanto il Cremlino sia davvero disposto a mediare, posto che ogni centimetro strappato all’Ucraina verrà sbandierato dal presidente Putin come una vittoria della Russia, non solo su Kiev, ma su tutto l’Occidente. America inclusa. "Dipende però da come la vittoria sarà presentata – precisa il professor Pastori –. Nella narrazione di Trump, la sconfitta sarà quella dell’America di Biden, della Nato, che sarà presentata come una macchina costosa e inefficace, e degli Stati europei, che non hanno dato il loro contributo significativo perché Kiev vincesse la guerra".
In questa atmosfera di incertezza si inseriscono bordate propagandistiche e avvertimenti neppure troppo velati. Donald Trump Jr., il figlio maggiore del presidente eletto, ha ricordato sui social l’intenzione espressa dal padre in campagna elettorale di tagliare i fondi per lo sforzo bellico ucraino, condividendo su Instagram un video di Zelensky postato dall’ex candidata vicepresidente repubblicana Sarah Palin con la scritta: "Mancano 38 giorni alla perdita della tua paghetta"