Parigi, 8 gennaio 2025 – “Vede questo binocolo?”, mi disse in occasione dell’ultima intervista: “Lo tengo puntato da sempre verso l’Eliseo, laggiù… Ma adesso per me non c’è più tempo, sarà mia figlia Marine a conquistarlo”. Ieri mattina il vecchio corsaro della politica francese se n’è andato, a testa alta. Jean-Marie Le Pen, il leader che mezzo secolo fa diede vita al Front National, è morto nell’ospedale di Garches, poco lontano dalla capitale, dov’era stato ricoverato a più riprese. Aveva 96 anni. “Il suo ruolo è ormai soggetto al giudizio della storia”, ha commentato il presidente Emmanuel Macron. “Aldilà delle polemiche che erano la sua arma preferita, è stato una figura importante della politica francese, un combattente”, ha aggiunto il primo ministro François Bayrou in un messaggio subito contestato dalla gauche. Marine Le Pen, che stava rientrando in Francia dopo una visita di tre giorni nell’arcipelago di Mayotte, ha appreso in aereo la notizia della morte di suo padre.
Con il patriarca dell’estrema destra (il “Menhir”, come lo chiamano in famiglia), hanno dovuto tutti fare i conti, la destra e la sinistra, gli avversari e gli alleati. Nella Francia post gollista di Giscard d’Estaing, di Mitterrand e di Chirac, questo pirata della politica che aveva perso un occhio in una rissa è andato testardamente all’attacco del potere. Per cinque volte ha tentato di conquistare l’Eliseo e poco è mancato che ci riuscisse alle presidenziali del 2002, quando fece fuori il socialista Lionel Jospin e si piazzò clamorosamente al secondo posto dopo Jacques Chirac.
Odiato, temuto, disprezzato, ha dato prova di un’incredibile longevità politica nonostante le provocazioni velenose, le frasi antisemite sulle camere a gas “dettaglio della Storia”, le accuse di aver praticato la tortura in Algeria. Più ne diceva – “la Francia ai Francesi, fuori gli immigrati, basta con le lobbies ebraiche, sì alla pena di morte” – più guadagnava voti e deputati in Parlamento.
Dieci anni fa la rottura con la figlia Marine, che lui stesso aveva lanciato sul podio: convinta della necessità di “sdoganare” il partito per acquistare credito, innervosita dalle sparate pubbliche razziste e antisemite di suo padre, Marine lo espulse dalla direzione nazionale. Umiliato, profondamente offeso, il vecchio Le Pen la accusò di “tradimento”. Ma col passar degli anni, anche se con scarsa convinzione, e pur restando definitivamente escluso da ogni decisione sulla vita del partito, si decise a perdonarla.
Paracadutista in Indocina e in Algeria, il giovane Le Pen odiava gli intellettuali e sosteneva che la Francia fosse “governata da pederasti come Sartre, Camus e Mauriac”. Eletto deputato nel 1956 in una lista poujadista il cui cavallo di battaglia era la guerra agli immigrati, nel 1972 diede vita al Front National pescando voti fra i nostalgici di Pétain e del fascismo. Fu eurodeputato, benché antieuropeista, e trovò perfino il tempo di fondare una casa discografica che pubblicò un album musicale dal titolo Terzo Reich. Voci e canti dell’Esercito tedesco, con tanto di svastiche in copertina…
Era nato il 20 giugno 1928 a Trinité-sur-Mer, paesino bretone di mare davanti all’isola di Quiberon. “Voglio essere sepolto lì”, disse una volta. Voglio che sulla mia lapide sia inciso solo il mio nome: Jean-Marie. Tutti capiranno. Nessun bisogno di aggiungere il cognome”.