Domenica 4 Agosto 2024
ALDO BAQUIS
Esteri

Morte del capo di Hamas. Decine di arresti in Iran: "Militari e agenti segreti ingaggiati dal Mossad"

Il Telegraph: hanno piazzato tre bombe nell’edificio dove alloggiava Haniyeh. Ma per i Pasdaran il leader islamista è stato ucciso da un missile lanciato da fuori confine.

Mentre i vertici militari dell’Iran sono impegnati a mettere a punto un attacco contro Israele, i suoi servizi di sicurezza interna stanno prodigando in uno sforzo serrato per comprendere quali siano state le falle che hanno reso possibile la uccisione del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, mentre era ospite ufficiale in un edificio gestito dai Pasdaran. Un attentato tanto più umiliante per Teheran essendo avvenuto proprio nel primo giorno di ufficio del nuovo presidente (esponente dell’ala riformista) Masoud Pezeshkian. Anche se Israele non ha rivendicato la paternità, in Iran non ci sono dubbi su chi abbia organizzato l’attentato.

Le operazioni di ritorsione, ha previsto ieri il giornale conservatore iraniano Kayhan, "saranno diversificate, in ordine sparso, impossibili da intercettare". Fra gli obiettivi ci sarebbero le città di "Tel Aviv e Haifa, centri strategici e specialmente le residenze di funzionari coinvolti nei crimini recenti".

Intanto i servizi di controspionaggio iraniani sono impegnati nella caccia a chi sia stato materialmente responsabile della eliminazione di Haniyeh e a verificare chi eventualmente abbia garantito coperture. Alcuni media occidentali hanno riferito che vengono ora passati al setaccio alti ufficiali tra agenti del servizio di sicurezza e militari (e anche che ci sarebbero stati decine di arresti), mentre ancora resta dubbia però l’esatta dinamica della uccisione.

Sulla base di informazioni di prima mano il britannico Telegraph ha sostenuto che mesi fa il Mossad è riuscito ad arruolare due agenti che hanno collocato cariche esplosive in tre stanze del compound utilizzato dai Pasdaran a Teheran.

A posteriori, ha aggiunto il giornale, è stato verificato che le loro azioni erano state riprese da telecamere di sorveglianza.

"Uno squarcio enorme nei nostri sistemi di sicurezza", ha ammesso una fonte iraniana. Ma ieri invece i Pasdaran hanno replicato che quella ricostruzione è infondata. La stanza di Haniyeh, hanno fatto sapere, è stata raggiunta dall’esterno da "un proiettile di breve gittata, con una testata di circa 7 chilogrammi".

In ogni caso l’attentato ha recato grave danno al prestigio dell’Iran, di fronte ai palestinesi ma anche fra i loro fiancheggiatori nella regione, e i suoi dirigenti sembrano determinati a reagire.

Fra quanti seguono da Tel Aviv i drammatici sviluppi in corso a Teheran vi è Raz Zimmt, ricercatore del centro di studi strategici Inss. La corrente dei ‘falchi’, che fa capo al leader supremo, l’ayatollah Ali Khamenei, non punta – ha scritto Zimmt sul social network X (l’ex Twitter) – ad un confronto generale con Israele e tanto meno con gli Stati Uniti d’America. Tuttavia ritiene che sia fallita la politica di "contenimento" dei ripetuti attacchi israeliani, mantenuta per lungo tempo in Siria. L’immagine dell’Iran si è indebolita e dunque, secondo questa linea di pensiero, occorre adesso reagire con energia.

La corrente ‘pragmatica’ è – secondo Zimmt – piuttosto quella di Pezeshkian. Pur non opponendosi ad una ritorsione contro lo Stato ebraico, il neo presidente iraniano (che non ha alle spalle una esperienza militare) pensa che Teheran debba recuperare il proprio prestigio internazionale essenzialmente su altri fronti fra cui l’economia e la diplomazia. "La nostra priorità non è una guerra con Israele – ha detto il figlio del presidente –. Il nostro fronte reale è la lotta alla povertà, alla corruzione, alla discriminazione e alla ineguaglianza. La risposta migliore ad Israele sono le riforme sociali in Iran ed il progresso".