Roma, 21 dicembre 2024 – Stonehenge è da sempre un luogo ricco di fascino e di mistero. Ormai da millenni questo celebre complesso di monoliti in terra britannica è al centro di numerose leggende e ogni anno, durante il solstizio d'inverno, è solito dare vita a uno spettacolo mozzafiato: posizionandosi tra la Heel Stone e Stonehenge, e volgendo successivamente lo sguardo verso sud-ovest, si può vedere il monumento attraversato da una splendida luce rossastra che oltrepassa le fessure verticali delle pietre e illumina tutto il panorama, regalando un momento indimenticabile.
Negli ultimi istanti del giorno, durante l'orario del tramonto, il sole scompare da una finestra formata da due grandi pietre verticali e dall'architrave orizzontale che esse sostengono. Questo assurdo allineamento non è casuale, essendo stato progettato dai costruttori del monumento stesso: oltre 4 millenni fa, tuttavia, lo spettacolo era completamente diverso da quello odierno. Come riportato in un servizio della Bbc, infatti, inizialmente la linea del solstizio era segnata da altre sei costruzioni verticali delle quali è rimasto soltanto un singolo monolite, noto come 'Stone 56'. Che fine hanno fatto le pietre mancanti? L'archeologo e scrittore britannico Mike Pitts ha spiegato così la vicenda alla Bbc.
Lo studio
Lo Stonehenge che vediamo oggi è pressoché identico al primo piano accuratamente anche se i primi schizzi realistici del monumento in epoca moderna risalgono al XVI secolo. Ponendo un confronto tra quello che è il complesso di monoliti oggi e quello che era invece nei secoli precedenti si nota come non siano presenti differenze sostanziali tra i due, ma il consiglio fornito dallo studio è quello di non farsi ingannare dall'apparenza. Quasi la metà delle pietre è infatti stata spostata dalla propria posizione originale. Tutto ciò venne alla luce a partire dalla prima metà del XX secolo, quando le autorità iniziarono a intimorirsi sull'equilibrio precario dei monoliti e sulla sicurezza dei visitatori e diedero il loro via libera a nuovi scavi e lavori di restauro, che fecero emergere alcune scoperte interessanti. Nel corso di questi lavori diverse pietre vennero puntellate con delle travi apposite e si intervenne anche sugli architravi, divenuti sempre più obliqui a causa dello scorrere del tempo. Molti dei montanti, invece, erano stati raddrizzati e fissati nel cemento, mentre altri erano stati restaurati per via della loro caduta in epoche precedenti. Queste attività di fissaggio vennero adottate in modo da rendere Stonehenge il più simile possibile al piano di John Wood, ma gli scavi compiuti parallelamente ai lavori di ingegneria rivelarono una diversa composizione del complesso di monoliti rispetto al passato. Per la prima volta, quindi, si arrivò alla conclusione che non tutte le pietre posizionate originariamente erano ancora lì.
John Aubrey e gli scavi di Pitts
Il primo a segnalare la stranezza fu il biografo e antiquario John Aubrey, che nel 1666 notò ben cinque cavità nel terreno tra la struttura circolare e il fossato che la circonda. Queste buche, denominate successivamente "Aubrey Holes”, sono state oggetto di dibattito per secoli fino a un'epoca più recente, quando alcuni archeologi hanno ipotizzato potesse trattarsi di resti di un ampio cerchio di pietre. Nel 1979, gli scavi portati avanti da Mike Pitts permisero di scoprire una fossa accanto alla Heel Stone. Sul fondo della cavità il gesso era stato schiacciato dal peso di un'enorme pietra, che sarebbe servita per completare l'attuale megalite lì presente. A quel punto, lo studioso si accorse una volta per tutte che la storia di Stonehenge potesse essere in realtà molto più lunga di quanto si sapesse all'epoca e che il monumento avesse subito diverse modifiche nel corso del tempo. Molti archeologi, tuttavia, arrivarono persino a ipotizzare che il cerchio originale non fosse mai stato completato.
In epoca recente
Le pietre che compongono Stonehenge hanno determinate caratteristiche che le differenziano l'una dall'altra. Le pietre di dimensioni più grandi, come quelle che danno vita alla celebre silhouette del monumento, sono formate da sarsen, una pietra arenaria locale dalla notevole durezza. Quelle piccole, invece, sono note come "pietre blu” e sono un mix tra varie rocce più morbide, la maggior parte delle quali provenienti dalla zona sud-occidentale del Galles. Nonostante le numerose ricerche degli ultimi anni, nessun sarsen che un tempo faceva parte di Stonehenge è mai stato ritrovato lontano dal monumento, mentre la storia racconta diversamente per quanto riguarda le “pietre blu”. Nel 1934, un masso di questi, noto come “Boles Barrow Stone”, fu donato al Salisbury Museum da Sigfried Sassoon, che lo ritrovò nel suo giardino dopo essersi trasferito una casa non distante da Stonehenge. Una volta si ricondusse la causa di questo misterioso ritrovamento addirittura a un ghiacciaio, mentre ora gli archeologi concordano sul fatto che la pietra potesse essere stata prelevata manualmente da Stonehenge. Gli scavi degli ultimi anni hanno perciò dimostrato come in passato (si parla addirittura dell'età del bronzo) le civiltà presenti sul territorio si accaparrassero delle pietre e le utilizzassero a causa dei poteri curativi che si pensava potessero avere.
La composizione di Stonehenge,
quindi, è stata fortemente influenzata nel corso dei millenni dal passaggio dell'uomo, che ha comunque permesso di ammirare ancor oggi un luogo dal grandissimo significato artistico ed esoterico.