Mercoledì 16 Ottobre 2024
Beppe Boni
Esteri

Le spie di Hezbollah. Infiltrati nelle basi Unifil a caccia di notizie segrete

Mancini, ex capo del controspionaggio: “Vengono pagati 400 dollari al mese”. I miliziani: “Colpiremo in tutto Israele”. Rispunta in Iran il capo delle Forze Quds

Il segretario di Stato Usa Antony Blinken e il segretario alla Difesa Lloyd Austin hanno inviato al ministro per gli Affari strategici israeliano Ron Dermer una lettera in cui, nella sostanza, affermano che Israele ha un mese di tempo per migliorare in modo significativo la situazione umanitaria a Gaza. Diversamente, rischia di non ricevere più armi dagli Stati Uniti. Intanto però sono arrivati in Israele un team avanzato di militari Usa e componenti per il funzionamento della batteria di difesa aerea Thaad.

Quanto alla data della risposta israeliana all’Iran, rivela il Post, sarà prima delle elezioni americane del 5 novembre.

A Teheran, intanto si risolve il giallo di Esmail Qaani, capo supremo delle forze Quds: dato per scomparso, è stato immortalato a un funerale. Dal Libano, intanto arrivano le minacce del numero due di Hezbollah, Naim Qassem: “Israele colpisce tutto il Paese e noi colpiremo tutto Israele, al nord, al sud, al centro”, avverte in un discorso televisivo.

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Il numero due di Hezbollah Naim Qassem tiene un discorso da una località segreta

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di Beppe Boni

I mille occhi invisibili di Hezbollah a parti invertite da anni tengono sotto controllo la missione Unifil, utilizzando la tecnologia e soprattutto un esercito senza divisa di uomini e donne che hanno spiato, controllato, monitorato i movimenti dei caschi blu. Una moltitudine di ombre che ha consentito ai guerriglieri del Partito di Dio di mettere anche a libro paga e infiltrare civili utilizzati come manovalanza necessaria nelle basi Onu sparse tra la Blue line, il confine disegnato da Libano e Israele, e il fiume Litani. Segnalare un movimento di militari, annunciare l’uscita di una pattuglia ad un determinato orario, indicare dettagli sui movimenti e i contatti tra i soldati della missione Onu e le forze armate dello Stato libanese possono essere informazioni ghiotte per chi, come Hezbollah, è riuscito a costruire tunnel e allestire depositi clandestini di armi, spesso mobili, nei dintorni delle basi Unifil. Sono i target nel mirino dell’esercito israeliano che per questo pretende di sfrattare le truppe delle Nazioni Unifil dal luogo delle operazioni. La notizia delle infiltrazioni di civili libanesi, spesso di confessione sciita, ma anche cristiani e sunniti pagati profumatamente, viene da fonti sul posto ma c’è chi in Italia le conferma.

"Tutto vero, i miei contatti mi riferiscono che negli anni almeno 1.500 civili utilizzati come personale nelle basi sono stati assoldati da Hezbollah per controllare dall’interno e carpire qualsiasi minima informazione da trasferire ai vertici del Partito di Dio”, afferma Marco Mancini, ex capo del controspionaggio italiano e oggi analista specializzato sul Medio Oriente.

“Vengono pagati anche 300 o 400 dollari al mese, poiché i guerriglieri dispongono di fondi consistenti forniti in buona parte dall’Iran insieme a dotazioni tecnologiche e logistica necessaria a costruire tunnel e insediamenti”. Hezbollah possiede una rete di intelligence perfettamente organizzata e addestrata in gran parte da consiglieri di Teheran messa in piedi per contrastare il controllo di Unifil che da 46 anni comunque è operativa nell’area e che una parte del proprio lavoro lo ha fatto mettendo in bilancio anche 337 caduti, un numero che fa di questa missione la più letale della storia dell’Onu. Pur con armi spuntate da regole d’ingaggio molto limitate, le guardie di pace hanno segnalato centinaia di violazioni da parte di Hezbollah, hanno individuato insieme alle Laf, l’esercito libanese, depositi di razzi e sistemi bellici. In qualche occasione i peacekeeper si sono posti sulla linea del fuoco per proteggere civili libanesi dai colpi di artiglieria israeliani e hanno offerto riparo nei propri bunker agli abitanti dei villaggi.

Una missione importante ma priva di antenne per accorgersi che i guerriglieri comunque sono riusciti a costruire una città della guerra. Per poterlo fare essi hanno utilizzato tutte le risorse umane possibili, in raccordo tra l’ala politica e quella militare. I collaboratori civili ogni settimana passano le notizie sui peacekeeper, che loro in codice chiamano i boy scout, ai referenti dei villaggi, i quali provvedono poi a trasferire le informazioni ai vertici di Hezbollah che le filtrano. Pare che a settembre siano stati individuati due militari sudamericani che attraverso amicizie femminili avevano inconsapevolmente rivelato qualche dettaglio di troppo sulla missione Onu. Un metodo di spionaggio vecchio come il mondo. “Non vengono utilizzate solo le risorse umane – spiega ancora Marco Mancini – ma anche quelle tecnologiche. Hezbollah dispone di un kit mobile, in sostanza valigette, capace in determinate circostanze di intercettare le comunicazioni radio dei militari delle Nazioni Unite. Si tratta di un sistema fornito sempre dall’Iran ma messo a disposizione dal Gru, l’intelligence militare russa che si occupa spionaggio, hackeraggio e sabotaggio in tutto il mondo”.

Il comando militare Unifil in parte ha già fatto pulizia sulla rete asimmetrica di spie cercando di filtrare e controllare meglio i civili ingaggiati nelle basi, ma laggiù nel Paese dei cedri, ex Svizzera mediorientale, nulla è mai come sembra. Anche quando una pattuglia sui blindati bianchi con le scritte UN entra o sfiora un villaggio sa che tra la gente c’è sempre qualcuno che osserva attentamente e prende appunti senza scrivere. Ogni minimo dettaglio può sempre tornare utile.