Venerdì 22 Novembre 2024
BEPPE BONI
Esteri

Missione Unifil in Libano, i nostri soldati al fronte: "Popolazione stremata, lavoriamo per il dialogo"

Il portavoce Tenenti: gli scontri a fuoco sono quotidiani, ma la pace è possibile. Continua l’azione di monitoraggio e pattugliamento dei 1.200 caschi blu

Roma, 30 luglio 2024 – Gaza brucia, il Libano s’infiamma, in Italia come in tutta Europa la preoccupazione sale a ondate intorno alla possibilità di un conflitto aperto fra Israele e Hezbollah. "Dal 7 ottobre in poi qui la tensione aumenta ogni giorno, gli scontri a fuoco fra Hezbollah e Israele sono quotidiani, ormai si contano 500 morti, di cui 400 miliziani e un centinaio di civili quasi tutti nella zona prossima alla Blue Line, la linea di demarcazione del ritiro delle forze israeliane nel 2000". È lo scenario tracciato da Andrea Tenenti, portavoce della missione Unifil in Libano, un veterano dell’Onu dal 2006. Dal suo ufficio nel quartier generale di Naqoura tiene il radar acceso sull’attività di 10.500 uomini, di cui 1200 italiani, appartenenti a 49 Paesi della missione Onu. "Insieme al personale militare lavoriamo per stemperare la tensione tra le due parti ed evitare un conflitto catastrofico – spiega –. La popolazione conta vittime ogni giorno, compresi diversi bambini".

militari del contingente italiano della missione Unifil, dislocati nel sud del Libano
militari del contingente italiano della missione Unifil, dislocati nel sud del Libano

Bombe e razzi lanciati da Hezbollah con relativa risposta di Israele passano sopra le teste dei militari italiani che hanno il comando del Settore ovest. Quelli targati Tel Aviv colpiscono un’area a sei chilometri dalle truppe Unifil. "Tutti quanti stanno lavorando per diminuire le tensioni, non solo la missione Unifil, con canali aperti fra le parti – aggiunge Tenenti –. Si muovono pure americani, francesi, Paesi arabi. Nessuno vuole il conflitto, però errori come quello della strage dei ragazzini al campo di calcio di Majdal Shams possano ampliarlo. Penso che ci sia spazio per una soluzione pacifica".

Prima del 7 ottobre rappresentanti di Libano e Israele, ancora formalmente in guerra anche se in realtà chi colpisce è Hezbollah, si incontravano grazie alla mediazione di Unifil. "Gli incontri in presenza avvenivano nell’area presidiata dagli italiani – è il chiarimento del portavoce italiano –. Fino a ottobre 2023 ne sono stati fatti circa 150 e molti problemi sono stati risolti. Ora non è possibile. Siamo noi a parlare separatamente con i rispettivi rappresentanti e cercare di mediare. Hezbollah riferisce alle autorità di Beirut che a loro volta riferiscono a noi. Il comandante in capo della missione Onu, il generale spagnolo Aroldo Lazaro, è in continuo contatto con le due parti".

I 1.200 caschi blu italiani schierati sulla Blue line hanno la penna sull’elmetto perché fanno parte della Brigata alpina Taurinense al comando del generale Enrico Fontana, che a giorni cederà il comando Ovest alla Brigata Sassari. "I livelli di allarme sono tre fino al ricorso dei bunker – spiega il portavoce del contingente italiano, tenente colonnello Bruno Vio – e attengono al sistema di protezione degli uomini. Scattano a seconda delle circostanze. La tensione si è alzata ma le nostre attività non sono cambiate. Tra monitoraggio, controlli, pattugliamenti e altro 24 ore su 24 gli uomini compiono 200 operazioni, sia da soli che insieme a forze armate libanesi, su un fronte di circa 50 chilometri di Blue line di competenza".

Se vengono intercettati miliziani e ci sono sequestri di armi sono i libanesi ad agire direttamente. "In caso di necessità, come prevedono le regole d’ingaggio, chiedono il nostro aiuto", precisa Vio. "Ma interveniamo anche in caso di incendi dovuti a esplosioni, perché disponiamo di autobotti, attrezzature e personale specializzato. La gente è stremata: dal 2019 ha subito la crisi economica, poi il Covid e ora questo nuovo conflitto. Quando è possibile forniamo assistenza sanitaria agli sfollati. I nostri militari sono qui anche per stemperare la tensione".