Sabato 23 Novembre 2024
ROBERTO GIARDINA
Esteri

Germania, culla dei mini-jobs. Un secondo lavoro per molti

Un sostegno al reddito per studenti, pensionati e per chi vuole arrotondare

Mini-jobs, l'esempio tedesco

Mini-jobs, l'esempio tedesco

Berlino, 19 marzo 2017  - I MINI-JOBS li ha creati Gerhard Schroeder nel 2003, una mossa intelligente per combattere il lavoro nero, o una ‘furbata’ per abbellire i dati della disoccupazione? Dal primo gennaio si possono guadagnare 450 euro al mese (all’inizio erano 325), esenti da tasse, con un contributo minimo a forfait per mutua e pensione e un’assicurazione infortuni a carico del datore di lavoro.  Attualmente, sono circa sette milioni e 400mila le persone che ne fanno uso e, puntualmente, quanti non amano la Germania di Frau Merkel, antipatica prima della classe, denunciano che i tedeschi dominano l’economia perché fanno lavorare milioni di disperati con stipendi di fame. Come è possibile credere che nel primo paese industriale d’Europa ci sia qualcuno che lavori per poche centinaia di euro?    I MINI-JOBS sono quasi tutti secondi lavori: chi mi porta i giornali a casa all’alba è uno studente o un pensionato. Il commesso che dà una mano in negozio al week end o il pony express che cerca di consegnare una pizza ancora calda a domicilio lavorano con la formula del mini-job. E molti arrotondano uno stipendio regolare considerato non sufficiente.  Se dovessero pagare tasse e contributi, la cifra si dimezzerebbe e il sacrificio non varrebbe la pena. E anche consentito svolgere più di un mini-job, anche se si ha un lavoro regolare. Le casse pensioni e le mutue introitano comunque diversi milioni all’anno. 

C’è chi abusa del sistema da una parte e dall’altra: il datore che preferisce assumere due o tre dipendenti a 450 euro, invece che uno solo ma regolare. E chi guadagna con più lavori senza pagare un euro di tasse, ma si tratta di un numero limitato di casi, difficilmente controllabili.  Comunque il sistema nei particolari è molto complesso riguardo al guadagno massimo e alle quote dei contributi da versare. Quante ore si può lavorare alla settimana? Il calcolo è presto fatto in base alla paga minima oraria, introdotta dalla Grosse Koalition nel 2013. All’inizio era di 8,50 euro, poi, dal primo gennaio, è stata aumentata a 8 euro e 84 centesimi. Dunque, non più di dodici ore alla settimana. I cristianodemocratici erano contrari alla paga minima, temendo che avrebbe finito per distruggere almeno un milione di posti di lavoro, ma i socialdemocratici, alleati al governo, si sono imposti.    SEMBRA che il pessimismo non fosse giustificato, ma le analisi sono discordi: è probabile che datori di lavoro e dipendenti abbiano in molti settori trovato un compromesso. Ad esempio, i tassisti dipendenti da una società dovrebbero essere pagati anche per le lunghe ore di sosta. Impossibile, senza aumentare le tariffe. E così i pizza boys che accettano un mini-jobs, senza contare le ore in cui restano a disposizione. E con la formula del mini-jobs lavorano anche molti giovani stranieri giunti in Germania: sono studenti che di rado parlano la lingua o sanno svolgere un lavoro qualificato. Con 450 euro riescono a finanziarsi il soggiorno a Berlino per qualche mese.