Roma, 7 gennaio 2025 – Di Trump si dice tutto e il contrario di tutto. Si dice che sarebbe pacifista, buon negoziatore, strategico e abile. Poi si va a vedere che cosa ha veramente fatto durante il suo primo mandato, e il risultato non è certo esaltante. In più, novità assoluta nella storia statunitense, il vecchio Biden (classe 1942) lascia la presidenza togliendosi qualche piccolo macigno dalla scarpa, ricordando che l’assalto al Campidoglio il gennaio del 2021 – praticamente quattro anni fa esatti –, “non va dimenticato o riscritto, fu una vera minaccia”. Un modo per bacchettare chi, nei fatti, fu l’ispiratore ideale di quell’assalto e oggi si appresta a diventare, per la seconda volta, presidente degli Stati Uniti.
Donald Trump (classe 1946) è divisivo, si sa, ma ha saputo nel tempo crearsi un’aura di miti persistenti che fanno presa sull’immaginario collettivo e resistono anche al fact-checking, a partire dal fatto di attaccare Biden per la sua età, quando Trump, all’atto di diventare presidente nel 2017, è stato di fatto il più vecchio presidente Usa mai entrato in carica, con i suoi 70 anni e sei mesi di età. E poi il popolare “Trump non ha mai fatto una guerra, quindi è pacifista”, un mantra molto presente nel discorso pubblico, semplicemente falso. Durante i primi cento giorni del suo primo mandato è aumentata la tensione con la Corea del Nord, gli Stati Uniti hanno lanciato 59 missili cruise su una base siriana e hanno bombardato l’Afghanistan, per la prima volta, con l’ordigno convenzionale più potente a disposizione, la bomba Moab.
In più, l’America si è ritirata dall’accordo con l’Iran per il nucleare (accordo negoziato dagli europei) ed è stato progettato un nuovo pezzo del muro col Messico con nuove tensioni. Insomma, un vero pacifista? Forse no, e di sicuro pessimo negoziatore, viste le critiche che il suo dilettantismo ha sollevato in patria, per l’amicizia eccessiva nei confronti di Putin e l’approccio ideologico verso i cinesi. Tanto fumo e poco arrosto anche con gli europei, con il ritiro degli Usa da un accordo praticamente concluso – il Ttip, partenariato transatlantico per la creazione di un’area di libero scambio tra America ed Europa – e il raffazzonato progetto, mai davvero andato in porto, di un piano di pace per il Medio Oriente.
Insomma, un dilettante allo sbaraglio che non si è fatto mancare neppure inchieste giudiziarie a suo carico, compresa l’incredibile accusa di avere sottratto documenti riservati del suo ufficio, senza versarli all’archivio nazionale, e una sentenza passata in giudicato per molestie sessuali, con condanna a un risarcimento di 5 milioni di dollari (più 83 milioni ancora in sospeso). Con tutto questo, il pubblico sembra considerarlo “nuovo”, una garanzia contro il “sistema”, lui che quel “sistema” lo rappresenta in pieno nei suoi aspetti più detestabili e retrivi. Un magnate misogino e condannato per abusi, improvvisato in politica estera, conservatore e reazionario in politica interna, protezionista, Robin Hood all’incontrario, incontra un incredibile consenso popolare nei ceti più umili, contro ogni logica. Resta da vedere su chi farà breccia in Europa per condividere il suo mondo di tweet popolati da luoghi comuni e pregiudizi, sessismo e arroganza, mentre è in corso la guerra russa contro l’Ucraina e contro l’Unione. Qualche idea su chi sarà disposto a fargli da spalla, purtroppo, viene.