Bruxelles, 24 giugno 2018 - Al vertice informale dei 16 a Bruxelles il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, propone di superare il vecchio regolamento di Dublino sui migranti, eliminando il criterio di addossare gli oneri ai Paesi di primo arrivo, che spinge allo scaricabarile, vedi il caso Malta Lifeline. Con la proposta dell’Italia i ricollocamenti diventano ininfluenti. Ma si delinea un asse Francia Germania Spagna che rischia di isolare, Roma mentre in Europa prevalgono gli egoismi e viene meno la solidarietà. Il documento che contiene la proposta italiana illustrata dal premier si intitola European Multilevel Strategy for Migration, consiste di una premessa e 10 obiettivi.
L’Europa è chiamata ad una sfida cruciale, è la premessa. Se non riesce a realizzare un’efficace politica di regolazione e gestione dei flussi migratori, rischia di perdere credibilità tutto l’edificio europeo. Occorre un approccio integrato, multilivello che coniughi diritti e responsabilità. L’Italia vuole contribuire costruttivamente alla formulazione di questo nuovo approccio. Dobbiamo passare dalla gestione emergenziale, alla gestione strutturale del fenomeno immigrazione. Ciò si realizza in primo luogo con la regolazione dei flussi primari (ingressi) in Europa, solo così si potranno regolare successivamente i flussi secondari (spostamenti intraeuropei).
1. Intensificare accordi e rapporti tra Unione europea e Paesi terzi da cui partono o transitano i migranti e investire in progetti. Ad esempio la Libia e il Niger, col cui aiuto abbiamo ridotto dell’80% le partenze nel 2018.
2. Centri di protezione internazionale nei Paesi di transito. Per valutare richieste di asilo e offrire assistenza giuridica ai migranti, anche al fine di rimpatri volontari. A questo scopo l’Ue deve lavorare con UNHCR e OIM. Perciò è urgente rifinanziare il Trust Fund UE-Africa (che ha attualmente uno scoperto complessivo di 500milioni di euro) che incide anche su contrasto a immigrazione illegale su frontiera Libia-Niger.
3. Rafforzare le frontiere esterne. L’Italia sta già sostenendo missioni UE (EUNAVFOR MED Sophia e Joint Operation Themis) e supportando la Guardia Costiera Libica, occorre rafforzare queste iniziative.
4. Superare Dublino (obiettivo più complesso). Nato per altri scopi, è ormai insufficiente. Solo il 7% dei migranti sono rifugiati. Senza intervenire adeguatamente rischiamo di perdere la possibilità di adottare uno strumento europeo veramente efficace. Il Sistema Comune Europeo d’Asilo oggi è fondato su un paradosso: i diritti riconosciuti solo se le persone riescono a raggiungere l’Europa, poco importa a che prezzo.
5. Superare il criterio Paese di primo arrivo. Chi sbarca in Italia, sbarca in Europa. Riaffermare responsabilità-solidarietà come binomio, non come dualismo. È in gioco Schengen.
6. Responsabilità comune tra Stati membri sui naufraghi in mare. Non può ricadere tutto sui Paesi di primo arrivo. Superare il concetto di ‘attraversamento illegalè per le persone soccorse in mare e portate a terra a seguito di Sar. Bisogna scindere tra porto sicuro di sbarco e Stato competente ad esaminare richieste di asilo. L’obbligo di salvataggio non può diventare obbligo di processare domande per conto di tutti.
7. L’Unione europea deve contrastare, con iniziative comuni e non affidate solo ai singoli Stati membri, la ‘tratta di esseri umanì e combattere le organizzazioni criminali che alimentano i traffici e le false illusioni dei migranti.
8. Non possiamo portare tutti in Italia o Spagna. Occorrono centri di accoglienza in più paesi europei per salvaguardare i diritti di chi arriva e evitare problemi di ordine pubblico e sovraffollamento.
9. Contrastare i movimenti secondari. Attuando i principi precedenti, gli spostamenti intra-europei di rifugiati sarebbero meramente marginali. Così i movimenti secondari potranno diventare oggetto di intese tecniche tra paesi maggiormente interessati.
10. Ogni Stato stabilisce quote di ingresso dei migranti economici. È un principio che va rispettato, ma - conclude il documento - vanno previste adeguate contromisure finanziarie rispetto agli Stati che non si offrono di accogliere rifugiati.