Martedì 25 Febbraio 2025
GIOVANNI ROSSI
Esteri

Merz Grande coalizione

Vicina l’alleanza fra Cdu e Spd "L’Europa abbia una voce sola" .

Friedrich Merz nel corso di una conferenza stampa dopo una riunione del partito

Friedrich Merz nel corso di una conferenza stampa dopo una riunione del partito

Friedrich Merz, leader della Cdu, festeggia la vittoria alle elezioni anticipate tedesche mettendosi subito al lavoro e offrendo concrete tracce di sé. "Non ho ancora visto le congratulazioni di Angela Merkel", dichiara precisando di avere molta posta da evadere. E tanti problemi da affrontare. Come il nuovo governo: "Questo è l’ultimo segnale di allerta ai partiti del centro". O come impostare la relazione con gli Stati Uniti: "Farò di tutto, ma mi preparo allo scenario peggiore". Perché "qualsiasi accordo senza Ucraina sarebbe inaccettabile sia per l’Ucraina sia per l’Europa". E mentre a dispetto del mandato d’arresto della Cpi invita a Berlino il premier israeliano Benjamin Netanyahu, incalza l’Ue sui tempi stretti per farsi valere: "È mezzanotte meno cinque", serve "una sola voce su dazi e Ucraina".

In casa propria, il cancelliere in pectore punta sull’usato sicuro: Grosse Koalition. Un partito egemone – il suo – la Cdu-Csu con 208 seggi; un alleato di complemento, l’Spd dell’ex cancelliere Olaf Scholz (retrocesso a parlamentare semplice), con 120 seggi. Totale: 328, appena sopra la maggioranza di 316. Un Brandmauer (un muro di fuoco) magari non così scoppiettante ma abbastanza alto da tenere a distanza l’AfD di Alice Weidel, ieri coccolata al telefono da Elon Musk. L’estrema destra rampante, coi suoi 152 seggi, chiede di entrare al governo. Si sente in ogni caso predestinata al potere, convinta che la GroKo non durerà. Ipotesi interessata quanto incerta. Perché l’esito delle elezioni anticipate tedesche proietta sole cinque forze politiche nel Bundestag (più i regionalisti frisoni dello Schleswig-Holstein) semplificando notevolmente il quadro.

A meno di colpi di scena, il perimetro dell’esecutivo sarà infatti ristretto a due soli partiti: popolari al comando, socialisti a sostegno. Ovvero i tradizionali primattori con ruoli ribaltati e un compito ben chiaro: contenere e prosciugare l’alluvione di consensi all’AfD restituendo sicurezza ai cittadini e rilanciando l’economia. Senza tuttavia recedere da un’idea di apertura al futuro, perché sommando i numeri di Verdi (85 seggi – dimissionario il segretario Robert Haebeck) e Die Linke (65 seggi – trionfanti i co leader Heidi Reichinnek e Jan Van Aken), si ottengono solo due seggi in meno dei 150 conquistati da AfD. E in termini numerici, includendo anche la sinistra radicale e filorussa di Sahra Wagenknecht (4,97%, bloccata a un’inezia dalla soglia di sbarramento), i militanti della sinistra impegnata risultano 12.585.528: ovvero 2 milioni abbondanti in più dei 10.327.148 votanti della destra xenofoba con simpatie neonaziste. Una realtà che il nuovo governo dovrà considerare nelle trattative coi socialisti per far nascere il governo: "Io non ho alcun interesse a distruggere l’Spd", parla chiaro Merz. L’Spd frena. Ma sembra pura tattica. Del resto, visto che i Verdi non piacciono, altre formule non esistono dopo l’uscita dal Bundestag dei liberali dell’Fdp, parcellizzati al 4,33%, col leader Christian Lindner al passo d’addio.

Conservatore ma a suo modo innovatore, Merz va veloce, perché il nuovo esecutivo si insedierà solo il 25 marzo, e il futuro cancelliere (uomo di affari e di finanza) sa di dover correre per cambiare il Paese. Ha bisogno di più capacità di spesa. Di qui la richiesta a tutte le forze del parlamento uscente (dove l’AfD conta meno) di modificare la norma costituzionale che limita allo 0,35% del pil le possibilità di indebitamento annuale del governo. Secondo Carlo Benetti, analista di Gam Red, "la crisi e l’arretratezza digitale richiederanno investimenti pubblici e creazione di nuovo debito". Durante la campagna elettorale nessuna forza politica si è esposta. Ma ogni leader sa che l’avvitamento della Germania è strettamente collegato "all’avversione" al debito. Così proprio i conservatori ora valutano di rompere il tabù. In corsa o nel nuovo Bundestag. Trovando magari appoggi anche anche a sinistra in cambio di maggior spesa sociale per controbilanciare la corsa al riarmo.

Dopo Emmanuel Macron, anche Giorgia Meloni chiama Merz per congratularsi e assicurargli la comune disponibilità a lavorare per rafforzare la sicurezza, rilanciare la competitività e affrontare le numerose sfide, a partire dal contrasto "all’immigrazione irregolare". Punto sensibile anche a Berlino.