Martedì 24 Dicembre 2024
ROBERTO BRUNELLI
Esteri

Kiev nella Nato, Merkel disse no. “Come dichiarare guerra allo zar”

L’ex cancelliera tedesca rivendica la scelta nel suo libro di memorie: l’ex Urss è una potenza nucleare. Il politologo Kiess: c’è una continuità nella politica di Scholz, la Germania non riesce a sganciarsi da Mosca

Roma, 21 novembre 2024 – Angela Merkel, la Sfinge, ha parlato. Ha messo fine al suo lungo silenzio, ed è un ritorno rumoroso, che potrebbe rappresentare un guaio non da poco per il suo successore, Olaf Scholz. Per la prima volta l’ex cancelliera rivela il retroscena di una delle sue decisioni più controverse: quella di aver bloccato l’adesione dell’Ucraina alla Nato al vertice di Bucarest del 2008. Una mossa che con la guerra d’invasione di Vladimir Putin le costa oggi un prezzo politico altissimo: sin dall’ingresso dei tank russi è sul banco degli imputati per la “politica del dialogo” nei confronti della Russia, tanto da gettare un’ombra pesante sulla sua eredità storica. Ora difende con veemenza quella scelta: “La flotta di Mosca era stazionata in Crimea, un tale intreccio con le strutture militari russe non c’era stato con nessuno dei candidati ad entrare nell’Alleanza Atlantica”, scrive Merkel nel libro di memorie Libertà, che martedì prossimo uscirà in contemporanea in 30 Paesi e del quale il settimanale Die Zeit ha pubblicato una voluminosa anticipazione.

Vladimir Putin e Angela Merkel
Vladimir Putin e Angela Merkel

“Comprendevo il desiderio dei Paesi dell’Europa orientale di entrare il più rapidamente possibile nell’Alleanza”, aggiunge Merkel. “Ma che la Nato prospettasse ad Ucraina e Georgia un rapido via libera all’adesione per Putin equivaleva ad una dichiarazione di guerra”. Aggiunge l’ex cancelliera che molti dei Paesi est-europei “sembravano desiderare che la Russia semplicemente scomparisse... ma la Russia, altamente armata dal punto di vista nucleare, esisteva”.

Difficile che i ricordi di Frau Merkel mettano fine alle polemiche, specie dopo la telefonata di qualche giorno fa di Scholz a Putin, per la quale il cancelliere è di nuovo finito nel fuoco di fila delle critiche per quella che viene percepita come una sorta di appeasement nei confronti del presidente russo.

“Sì, anch’io vedo una continuità tra la politica della cancelliera e quella del suo successore”, spiega il politologo Johannes Kiess. “In particolare, la Spd e la Cdu hanno cercato negli anni un forte avvicinamento: da una parte si voleva integrare la Russia attraverso le relazioni economiche, guadagnandoci, dall’altra si trattava di ottenere a tutti i costi gas a buon prezzo: un modo per sostenere il modello economico tedesco. Una continuità dalla quale la Germania tuttora non riesce a sganciarsi”.

È d’accordo Ulrich Ladurner, inviato della Zeit e acuto osservatore dei sommovimenti geopolitici del Vecchio Continente: “È una nefasta tradizione dura a morire, nonostante il sostegno all’Ucraina della stessa Germania e dell’Europa. Berlino ancora cerca di tenere una special relationship con Mosca, anche se è la capitale di un impero che fa la guerra a Kiev e pertanto anche a noi”.

Quello sull’Ucraina non è l’unico passaggio delle memorie merkeliane destinate a far parlare di sé. Ci sono i dettagli inediti del suo primo incontro con Donald Trump a Washington nel 2017, quando lui rifiutò di stringerle la mano (lei glielo chiese esplicitamente, oggi se ne pente): ebbene, dice Merkel che l’ex tycoon “concepisce il mondo con la mentalità dell’immobiliarista” e che, a proposito della sua relazione con Putin, “si vede che subisce il fascino di autocrati e dittatori”. E la questione dei rapporti con Trump l’angosciava talmente che non esitò a chiedere consiglio a papa Bergoglio. Il quale le rispose, semplicemente: “Piegarsi, piegarsi, piegarsi… ma non spezzarsi”. Parola di Angela Merkel.