Lunedì 23 Dicembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Esteri

Ue, le grandi manovre. Meloni-von der Leyen, trattativa a oltranza. E c’è il rischio franchi tiratori

La premier non scioglie la riserva, continua a puntare su un commissario di peso per l’Italia. Con la presidente uscente Ppe, S&D e Renew. Ma 5 anni fa il voto segreto fece mancare 75 sì

Roma, 13 luglio 2024 – L’ora X si avvicina: il 18 luglio il parlamento di Strasburgo si esprimerà sulla candidatura di Ursula von der Leyen. Sempre che, alla vigilia, la sentenza della Corte di Giustizia Ue sui vaccini anti-Covid non rovesci la carte. FdI però non ha ancora deciso come voterà. Le pressioni sulla premier sono forti, non solo dall’esterno ma anche dall’interno del suo partito: si spende a favore del voto tutta Forza Italia con Tajani in testa, ma pressa in quella direzione anche il ministro tricolore Guido Crosetto.

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Ursula von der Leyen
Ursula von der Leyen

Qualche breccia sembra sia stata aperta ma nulla definitivo: l’altra notte, in conferenza stampa Meloni ha solo detto che tutto dipende dal commissario italiano: "Voglio portare a casa il massimo risultato possibile. Deve essere riconosciuto il ruolo dell’Italia". Importante sarà l’incontro di martedì tra il gruppo Ecr e von der Leyen. È improbabile che la delegazione dei conservatori sia capitanata dalla sua presidente, Giorgia Meloni.

Se così fosse, sarebbe il segno che l’intesa è stata raggiunta e blindata, il voto di FdI a quel punto non potrebbe mancare. È più probabile che le due leader si sentano per telefono. Molto, per della candidata popolare, dipende da quale certezza i numeri le garantiranno: le servono 361 voti per raggiungere la maggioranza assoluta, sulla carta può avvalersi dei circa 400 seggi di Ppe, S&D e Liberali. Nel 2019 passò per il rotto della cuffia: mancarono 75 voti tra i gruppi di maggioranza. Von der Leyen non vorrebbe ripetere l’esperienza ma i franchi tiratori, coperti dal segreto dell’urna, possono essere ovunque. Tra i popolari, francesi e sloveni (11 in tutto) hanno da tempo chiarito la volontà di bocciare von der Leyen, i liberali irlandesi – 4 del Fianna Fail e due indipendenti - sono orientati a non votarla a causa della sua posizione sulla Palestina. All’elenco va aggiunto un socialista sloveno che ha aperto il fronte in S&D dove varie delegazioni nazionali, Pd compreso, non hanno ancora annunciato l’intenzione di voto: il presidente, Stefano Bonaccini, promette il disco verde, ma gli altri frenano: "Tutto è legato al nuovo confronto con von der Leyen". La certezza di essere eletta Ursula non ce l’ha. Le possibili truppe di rincalzo sono due, opposte tra loro. I Verdi (53) e FdI (24): conquistarle entrambe non è facile.

Di certo non ci sarà il voto dei Patrioti che, anzi, non verranno neppure incontrati. Del resto, la guerra contro la leader tedesca è una delle loro bandiere e infiamma ulteriormente la tensione tra Palazzo Chigi e Lega. La premier cerca di rimettere a posto Matteo Salvini: "A chi dice che se si continua ad inviare armi all’Ucraina si alimenta la guerra, rispondo che se non avessimo mandato i sistemi di difesa anti-aerea, che sono il modo migliore per difendere una Nazione aggredita, non è che i missili verso l’Ucraina non sarebbero partiti". Ma se l’intenzione era mettere la sordina alla fronda patriottica della Lega, l’obiettivo non è stato centrato.

Torna alla carica il vice segretario Andrea Crippa: "Dal mio punto di vista i missili uccidono le persone". Non è il solito gioco delle parti: la destra sovranista di Orban, Le Pen e Salvini più che putiniana è soprattutto trumpista, e si aspetta sconquassi per l’Europa da un ritorno del tycoon a Washington. Che avrebbe un impatto notevole anche in Italia, visto che la premier appoggia Biden. Allo stesso tempo le due destre sanno che in molti casi dovranno colpire unite, così Meloni prova a stemperare la polemica: "Orban da Trump? I leader politici hanno diritto di incontrarsi".