Tel Aviv, 3 agosto 2024 – Giornate di trepida attesa in Israele, mentre dall’Iran e dagli Hezbollah giungono segnali sempre più evidenti della loro ferrea determinazione a reagire alle eliminazioni a Teheran del leader di Hamas Ismail Haniyeh e a Beirut del comandante militare sciita Fuad Shukr. Gli Stati Uniti stanno rafforzando la presenza nella regione (con navi da guerra e con aerei spia, che già pattugliano i cieli di Libano e Siria) e la Gran Bretagna ha inviato a Tel Aviv il suo ministro della Difesa. L’intelligence americana parla di un attacco imminente che avverrà “nei prossimi giorni”. Il timore in Occidente è che la crisi possa degenerare in un conflitto generale anche se in apparenza né Israele, né l’Iran né gli Hezbollah lo desiderano.
In una telefonata col premier Benjamin Netanyahu il presidente Joe Biden ha ribadito che gli Stati Uniti sono pronti ad organizzare attorno ad Israele una cintura protettiva per contenere un eventuale attacco iraniano, dopo quello dell’aprile scorso che fu condotto con 300 missili e droni. Questo tema è stato affrontato ieri dal ministro della Difesa Yoav Gallant con la controparte Usa. Ma – secondo la agenzia Axios – Biden ha espresso vivo malumore nei confronti di Netanyahu e gli ha chiesto di non alimentare nuove tensioni. Ancora di recente il presidente sperava di poter mettere fine alla guerra a Gaza con un accordo per una tregua e per uno scambio di prigionieri. Adesso, dopo le eliminazioni di Haniyeh e Shukr, si sta andando all’opposto verso una grave escalation. Quegli episodi, ha detto Biden, “non hanno aiutato gli sforzi diplomatici”. In forma privata anche i dirigenti dello Shin Bet (sicurezza interna) hanno criticato Netanyahu – secondo la tv pubblica israeliana Kan – accusandolo di aver allontanato di fatto la probabilità di un accordo per gli ostaggi a Gaza avendo avanzato nuove richieste. Ma il premier israeliano avrebbe risposto a Biden che una delegazione sarà inviata al Cairo domani per proseguire i negoziati.
Mentre crescono le frizioni fra Netanyahu, da un lato, e i vertici militari dall’altro (in primo luogo con Gallant) le retrovie di Israele si stanno organizzando alacremente nel tentativo di assorbire attacchi che nei prossimi giorni, o anche prima, potrebbero giungere da fronti diversi. A Haifa si preparano sistemazioni di fortuna nei parcheggi sotterranei e nei tunnel sotto al monte Carmelo per migliaia di abitanti potenzialmente esposti ai missili degli Hezbollah. Lo sgombero di intere località “nel giro di un’ora” è stato simulato nei giorni scorsi, secondo il Maariv. Basi militari sono state sgomberate. Gli ospedali hanno avuto ordine di spostare i malati più gravi in dipartimenti sotterranei. Nel timore che la telefonia mobile possa subire interruzioni, telefoni satellitari sono stati distribuiti ai ministri. Nelle simulazioni di emergenza viene evocata la possibilità di blackout di giorni interi che avrebbero ripercussioni gravi nel funzionamento dei semafori, delle ferrovie, del sistema bancario e di altri settori ancora. Il comando delle retrovie non ha impartito istruzioni particolari, ma già ieri si sono viste file ai supermercati e nelle stazioni di benzina. Le radio transistor vanno a ruba.
Le prove generali del raid iraniano del resto sono già state fatte ad aprile, tra la sera di sabato 13 e la notte di domenica 14, quando per la prima volta nella storia Teheran lanciò un attacco diretto contro Israele come rappresaglia per il bombardamento del Consolato iraniano a Damasco. In quei raid senza precedenti, sebbene in qualche modo ‘telefonati’, Teheran sparò centinaia di missili e droni, sciami di ordigni intercettati per il 99% molto prima che arrivassero vicini ai confini del bersaglio. Perché gli alleati occidentali di Israele, con l’aiuto di Paesi arabi dell’area, aprirono un ombrello antimissile abbattendo le bombe degli ayatollah molto prima di raggiungere l’obiettivo. Israele, è evidente, si appresta ad affrontare un momento molto critico. Per superarlo avrebbe bisogno di coesione. Invece negli ultimi giorni le tensioni politiche si sono acuite ancora in seguito alle iniziative di due ministri (Sicurezza nazionale e Giustizia) di portare avanti altri elementi di una profonda riforma istituzionale che secondo la opposizione minaccia il carattere democratico di Israele.