Roma, 13 dicembre 2023 – “È difficile stabilire la tempistica della guerra in corso a Gaza anche se l’esercito israeliano sostiene di aver già ucciso circa 7mila miliziani, ma lo snodo per capire e tenere sotto controllo le dinamiche di quest’area del Medioriente è anche il Libano che riveste una fondamentale importanza nello scacchiere". La lettura è del professor Bernard E. Selwan, analista e direttore del Cosmo, Center for oriental strategic monitoring, sedi a Roma e Beirut.
Hamas è sconfitta?
"Se analizziamo la situazione sul terreno Hamas è decapitata e prima o poi dovrà cedere del tutto all’offensiva istraeliana. Ma attenzione, l’ideologia di Hamas è radicata e può rappresentare un pericolo futuro. Le manifestazioni in Cisgiordania dimostrano che dispone ancora di un forte supporto in una parte del popolo palestinese. Poi ci sono gruppi di contorno come la Jihad palestinese, le milizie iraqene e gli Houthi yemeniti su cui bisogna tenere alta l’attenzione".
Gli Houthi yemeniti hanno appena attaccato una nave norvegese: c’è il pericolo di un nuovo fronte?
"Potrebbe esserlo sulla carta e solo l’Iran può deciderlo. Gli Houthi dipendono in tutto e per tutto da Teheran. Non credo che accadrà. Sono segnali di conflitto a bassa intensità. Gli Houthi però possono costituire un pericolo per i transiti navali".
C’è un rischio di allargamento del conflitto verso il Libano?
"Penso di no, altrimenti ci sarebbe già stato. Hezbollah è in grado di estendere la guerra solo se l’Iran dà semaforo verde. Ciò non toglie che continueranno le azioni di disturbo con scambio di razzi verso Israele. Serve per tenere alta la tensione. Hezbollah, inoltre, in questo modo cerca di sgomberare il sud dai cristiani libanesi".
Che rapporti ci sono fra Hezbollah e Iran?
"Teheran è il principale sponsor del Partito di Dio con il quale ha rapporti strutturati. Fornisce armi, addestramento, investimenti, sostegno politico ed economico in dollari. Così Hezbollah è diventata una potenza autonoma in Libano, molto più forte di Hamas di cui comunque è alleata".
Come mai il governo di Beirut non riesce a controllare Hezbollah?
"Il Partito di Dio oggi controlla tutto il Paese ed è più influente per tre motivi. Uno: riceve enormi finanziamenti in dollari dall’Iran e dagli sciiti sparsi per il mondo. Due: dispone di un arsenale di armi superiore a quello delle forze armate libanesi che pure sono sostenute dagli Usa, e infine produce in proprio i droni da combattimento. Tre: la comunità sciita è quella più popolosa e influente".
Hezbollah gestisce anche il welfare?
"Certo, da settimane distribuisce risarcimenti in dollari alle famiglie di circa 60mila libanesi che hanno subito danni alle case e alle aziende agricole in conseguenza dei bombardamenti israeliani. Se pensiamo che un dollaro vale 100mila lire libanesi si comprendono molte cose. L’Iran è la banca di Hezbollah".
Così il Partito di Dio acquisisce il sostegno di parte della popolazione.
"Ovvio, il movimento gestisce scuole, ospedali, imprese di costruzioni. Fornisce assistenza e offre lavoro a chi non ce l’ha".
Hamas che fine farà a guerra finita?
"Con la strage del 7 ottobre la sua legittimazione è stata fortemente intaccata, anche se non distrutta. Israele non permetterà più che Hamas continui ad esistere come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi. Evolverà probabilmente in un altro soggetto politico. Ma la transizione per il futuro governo di Gaza sarà difficile, anche con pericolo di attentati".
Palestina, due popoli e due Stati è la soluzione?
"È quella più vicina alle aspettative, ma solo se Hamas è fuori dai giochi e per ora Israele non sembra del parere. In ogni caso Tel Aviv vuole garanzie assolute, tutta da studiare. Non vedo altre soluzioni".
Oggi chi maggiori capacità di dialogo sul medioriente?
“Il Qatar ha il ruolo centrale, come si è visto anche per la breve tregua. È l’unico soggetto in grado di mediare tra le parti, Iran compreso”.