Giovedì 15 Agosto 2024
ALDO BAQUIS
Esteri

Medio Oriente al bivio. Summit di pace a Doha, ma Hamas non ci sarà. Israele: liberate 33 ostaggi

Oggi il vertice, Netanyahu detta le condizioni per la prima fase di un accordo. In caso di fallimento dei negoziati, Tel Aviv rischia l’attacco di Iran ed Hezbollah.

Medio Oriente al bivio. Summit di pace a Doha, ma Hamas non ci sarà. Israele: liberate 33 ostaggi

Oggi il vertice, Netanyahu detta le condizioni per la prima fase di un accordo. In caso di fallimento dei negoziati, Tel Aviv rischia l’attacco di Iran ed Hezbollah.

Dopo mesi di trattative e di episodi di violenza (fra cui l’eliminazione a Teheran del leader di Hamas Ismai Haniyeh) il Medio Oriente giunge oggi a Doha ad un bivio drammatico. Da un lato i Paesi mediatori fra Israele e Hamas – Usa, Egitto e Qatar – sono determinati ad elaborare un accordo quadro definitivo che metta fine alla guerra a Gaza. Per tutta la durata dei loro sforzi (uno, due, forse tre giorni) la regione resterà in bilico, col fiato sospeso. Ma se questo sforzo risultasse vano, crescerebbe il rischio di una immediata estensione del conflitto.

Ne sarebbero protagonisti gli Hezbollah (che intendono vendicare la uccisione del loro comandante Fuad Shukr) e l’Iran, che afferma di non poter soprassedere alla eliminazione di Haniyeh. Israele ha minacciato che se attacchi nemici colpissero strutture strategiche o provocassero perdite civili la sua reazione "non sarebbe proporzionata". A Doha il premier Benyamin Netanyahu ha inviato una delegazione ad alto livello, guidata dal capo del Mossad David Barnea, "dotata di ampio margine di manovra". Ne fanno parte il capo dei servizi segreti interni Ronen Bar ed il generale Nitzan Allon, incaricato di coordinare la liberazione dei 115 ostaggi ancora a Gaza. Secondo indiscrezioni, Tel Aviv avrebbe stilato e starebbe trasmettendo una lista dei nomi dei 33 ostaggi ancora in vita che devono essere rilasciati nella prima fase dell’accordo: non ne vuole sapere di ottenere la liberazione solo di 18 prigionieri e la restituzione di 15 salme.

A Doha ci sarà anche il capo della Cia, Bill Burns. Gli Usa sono rimasti sconcertati dalle eliminazioni di Shukr e Haniyeh, che hanno molto complicato i negoziati e adesso si attendono da Israele il massimo della duttilità. Israele lo comprende bene: se i colloqui andassero male, si troverebbe costretta a combattere su due fronti, e forse tre incluso l’Iran. Ieri, secondo ‘Iran International’ (un sito di opposizione al regime), i bancomat iraniani sono stati oggetto di un attacco informatico. Sugli schermi è comparso un messaggio: "Non ci sono più soldi da distribuire. Si sono esauriti in guerre ed in fondi andati a mullah corrotti".

Al tavolo dei negoziati di Doha Hamas sarà assente. Ma i suoi rappresentanti sono a portata di mano in Qatar. Se si trovasse una formula accettabile per Israele (i comandanti dell’esercito hanno assicurato a Netanyahu che possono essere trovati accorgimenti adeguati sul terreno), essa sarebbe inoltrata a Gaza a Yihia Sinwar.

Nel frattempo nuove accuse ai soldati israeliani per il loro comportamento a Gaza sono state rilanciate da Haaretz, che ha in parte confermato rivelazioni precedenti di al-Jazeera. Secondo il giornale ormai da mesi i militari ricorrono sistematicamente a ‘scudi umani’ palestinesi per ispezionare tunnel o case dove si sospetta ci siano trappole esplosive. Armati di telecamere, gli ‘scudi umani’ sono costretti ad andare in ispezione e a riferire ai militari, che aspettano in posti sicuri. In almeno un caso uno degli ‘scudi’ sarebbe stato colpito a morte da miliziani di Hamas. Già 20 anni fa i vertici militari avevano tassativamente vietato il ricorso a ‘scudi umani’ palestinesi. Ma adesso, secondo il giornale, la pratica è riemersa.

Sul web circolano intanto le immagini di due bebé palestinesi, Ayssel e Asser Abu al-Qumsan. La loro foto era stata pubblicata con orgoglio dalla madre, Joumana Arafa, quattro giorni fa. Ma nel frattempo tutti e tre sono rimasti uccisi in un bombardamento israeliano a Deir el-Balah, nel sud di Gaza. In quel momento il padre era all’anagrafe, per registrare le nascite. Aveva ancora il certificato in mano quando è stato informato della tragedia.