Marrakech, 11 settembre 2023 – ”Siamo dove ancora nessuno è potuto arrivare". Risponde al cellulare da Adassil, profondo Atlante, in un Marocco degli ultimi, martoriato come non lo credeva. L’ingegner Giovan Battista Cicchetti Marchegiani guida la squadra di tre colleghi del Roe di Roma, di cui è presidente, impegnata nei primi soccorsi alle popolazioni devastate dal terremoto.
Ingegnere, voi siete in prima linea nonostante che il Marocco non abbia chiesto formalmente l’aiuto all’Italia?
"Assolutamente sì, siamo qui in forma privata e lo Stato italiano non c’entra nulla. Facciamo quello che è il nostro dovere in momenti come questi".
Che cos’è il Raggruppamento operativo emergenze colonna mobile nazionale Protezione Civile?
"Siamo una struttura Onlus del terzo settore che fa parte del sistema di Protezione civile di Roma Capitale e della Regione Lazio. Con le nostre prerogative possiamo operare in teatri internazionali allo stesso modo di Caritas o Croce Rossa".
E come siete stati accolti in Marocco?
"Benissimo fin dal nostro arrivo a Marrakech sabato sera dove abbiamo noleggiato un Suv col quale ci rechiamo nelle zone più colpite dal sisma".
Avete un qualche appoggio istituzionale?
"Abbiamo avuto il pronto sostegno dal presidente degli Stati Uniti nel Mondo, un’associazione internazionale di aiuto della quale facciamo parte".
Avete sentito i nostri diplomatici?
"Siamo in attesa di essere contattati, ma intanto ci muoviamo e operiamo come siamo soliti fare".
Quale attività state svolgendo?
"Quella di scouting. Siamo quattro operatori e ci siamo recati nei paesini dell’Atlante dove ancora non sono arrivati i soccorsi, località dove manca tutto, dove non hanno il minimo di assistenza, dove scavano a mano sotto le macerie. Noi ci rendiamo conto dei danni per poi convogliare gli aiuti che raccogliamo attraverso cittadini e aziende private".
Di cosa c’è bisogno?
"Di tutto. I sopravvissuti dormono in strada sotto attendamenti di fortuna, comprese le canne di bambù. Qui presto arriveranno le piogge e con il fango sarà molto difficile operare. Coperte, sacchi a pelo, tende. La donazione di una tenda da 79 euro che da noi è poca cosa qua sarebbe un lusso".
E il cibo?
"Stanno finalmente consegnando oggi (ieri per chi legge, ndr) pane, latte e acqua. Non ho ancora visto biscotti o altro portato dalla Protezione civile marocchina".
Le case in che condizioni sono?
"In questi paesini nel cuore dell’Atlante sono tutte crollate, povere abitazioni fatte di pietre e fango o talvolta di un cemento armato talmente scadente che si sono sgretolate".
Siete soli a operare?
"Solo ieri abbiamo visto allestire il primo campo dell’esercito marocchino e abbiamo incontrato colonne di mezzi e volontari in marcia verso questi luoghi, ma nessun altro Stato è qua".
Una situazione drammatica, quindi?
"Indescrivibile, e la gente ha bisogno di conforto. I bambini ci vengono incontro e assalgono il nostro mezzo, ci abbracciano e lo fanno perfino le donne anche se qui non è facile contattarle perché hanno una cultura molto diversa dalla nostra".
Prestate anche soccorsi medici?
"Sì, i primi; abbiamo un kit a disposizione con il quale abbiamo fatto medicazioni ai bambini feriti dal crollo degli edifici, ma soprattutto dobbiamo organizzare i soccorsi in questi villaggi dove ancora nessuno è arrivato".
Adassil e poi Imindounit, che cosa vi aspettate?
"Desolazione e richieste di aiuto, sperando nei prossimi tempi di riuscire a fare arrivare le cose urgenti che mancano".
Quali sono i nemici più difficili per queste popolazioni?
"Le temperature. In questo momento, alle 13 locali, ci sono 36 gradi, la notte si scende a 16. E poi come dicevo bisogna fare la corsa contro i nubifragi che arriveranno copiosi in autunno. Il fango creerà voragini in questi territori dove la gente vive soprattutto di pastorizia".
Quanto resterete sull’Atlante?
"Le nostre missioni sono solitamente fra i cinque e i sette giorni e poi valutiamo se ci sono le condizioni di fare arrivare una nuova squadra con gli aiuti".