Venerdì 22 Novembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

La mappa del terrore dopo l’attentato di Mosca. "Isis e al-Qaeda si sfidano. Rischi anche per Italia e Occidente"

L’analista Vidino: “Sono due organizzazioni in crisi, però hanno sviluppato affiliazioni in giro per il pianeta. Il loro baricentro si è spostato a Sud e a Est, in Europa sono meno forti degli anni passati"

Roma, 25 marzo 2024 – Lorenzo Vidino  direttore del “Program on extremism“ alla George Washington University: con l’operazione di Mosca il terrorismo islamico è tornato alla grande?

Il post con cui l'Isis ha rivendicato nuovamente l'attentato al Crocus City Hall di Mosca
Il post con cui l'Isis ha rivendicato nuovamente l'attentato al Crocus City Hall di Mosca

"In realtà non se ne è mai andato, non è assolutamente scomparso e non ha mai cessato di essere una minaccia, come ben sanno gli addetti ai lavori. C’è un movimento globale jihadista che possiamo chiamare bicefalo, da una parte Isis e dall’altra al-Qaeda, in feroce competizione tra di loro. Entrambi i gruppi sono in una sorta di crisi rispetto agli anni d’oro, però entrambi hanno sviluppato una serie di affiliazioni in giro per il mondo che hanno avuto fortune alterne: alcune sono forti, altre un pò meno. La percezione di una minaccia ridotta deriva dal fatto che in Occidente c’è stato in questi anni un netto calo degli attacchi, mentre in alcune parti del mondo è più attivo rispetto a cinque anni fa, penso all’Africa. Diciamo che il baricentro del jihadismo si è spostato più ad est e a sud".

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Perchè ci sono stati meno attacchi di Europa?

"Da un lato per per la capacità di contrasto che è stata sviluppata e che funziona, dall’altro perché la leadership centrale delle due grandi famiglie del jihadismo è stata ripetutamente colpita e si è indebolita, e per questo ha perso una capacità di programmazione tale da dare vita ad attacchi complessi tipo Bataclan. Quella leadership che prima era in grado di usare una pluralità di strumenti e risorse, ora è più concentrata sulla sua sopravvivenza e ha meno capacità di proiezione sistematica in un ambiente difficile per loro come è quello dell’Europa. Il che non significa che le leadership centrali non tentino operazioni anche in Europa, basti pensare a un attacco molto importante a Colonia, pianificato da Isis-K, che è stato sventato prima di Natale dalla polizia e dai servizi tedeschi. E negli ultimi anni cellule sono state smantellate anche in Italia".

C’è il rischio di vedere attacchi in Italia?

"Il rischio esiste sempre, non direi che l’attacco a Mosca cambi molto il quadro, anche se potrebbe indicare una maggiore capacità di proiezione all’estero, che ovviamente sarà all’attenzione di chi di dovere".

Lei diceva che le grandi famiglie del jihadismo sono due, Isis e Al Qaeda.

"Si, esattamente. Nella famiglia Isis-Daesh il gruppo più pericoloso è quello che ha colpito a Mosca, Isis K, Isis Khorasan, che grazie alla creazione di un network con gruppi locali, ad esempio nelle ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale, ha mostrato una capacità di proiettarsi al di fuori del suo teatro di operazioni locale e ha recentemente messo a segno due grandi colpi, quello a Mosca appunto, e quella in Iran al mausoleo di Soleimani. Ma ci ha provato anche in Europa, specialmente in Germania. L’altro polo jihadista è quello di Qaeda, che è più in crisi sia a livello di effettivi che di capacità militare. Oggi è strutturato in una ventina di sottogruppi, alcuni abbastanza deboli, e altri, specialmente in Africa, molto forti, e forti sono anche in Afghanistan dove si stanno di nuovo legando ai talebani. Come Isis, al-Qaeda è oggi meno presente nel mondo arabo, anche se mantiene nuclei in Paesi come la Siria e l’Iraq. Detto ciò, resiste ancora".

Come sono strutturati oggi questi gruppi in Europa?

"C’è un pò di tutto. Cellule strutturate anche con discreti livelli di sofisticazione, cellule inviate ad hoc, soprattutto soggetti non affiliati, i cosiddetti lupi solitari, singoli o in piccolo gruppi, da usare secondo necessità. Ultimamente con un livello di operatività certo ridotto, ma l’allarme resta alto anche se non altissimo".

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