Macron in crisi, Macron sotto attacco, la Francia in fiamme: i titoli della stampa nazionale e straniera riflettono l’inquietudine che serpeggia nel mondo politico francese. C’è un piano per destabilizzare il presidente francese, e indebolire in questo modo l’unità europea? A giudicare dagli avvenimenti che si susseguono da cinque anni a questa parte – i gilet gialli, la guerra per le pensioni, i disordini attuali per la morte di un giovane a Nanterre – la domanda non pare peregrina. Non è un mistero, del resto, che la gauche di Mélenchon, paradossalmente spalleggiata dall’ultradestra di Marine Le Pen, esulti davanti ad avvenimenti che mettono in difficoltà Macron. Se ne è discusso ieri sera durante una nuova riunione di crisi all’Eliseo, dopo le cinque notti di violenze che si sono allargate in tutto il Paese (e minacciano adesso di estendersi ai Paesi vicini). Nello studio del presidente francese sono stati convocati il primo ministro Elisabeth Borne, il ministro degli Interni Gérald Darmanin e quello della Giustizia Eric Dupond-Moretti. Argomenti in discussione: varare o no lo stato di emergenza a livello nazionale; elaborare una strategia affinché l’immagine della Francia non continui a degradarsi, con il danno economico che ne consegue per il turismo; evitare che il contagio della violenza si allarghi oltrefrontiera. "Fare di tutto per garantire il ritorno alla calma", ha chiesto il presidente
I segnali che provengono dall’esterno sono espliciti. Ieri il cancelliere tedesco Scholz si è detto "preoccupato" per l’escalation della violenza urbana in Francia, che fra l’altro ha obbligato Macron a rinunciare alla visita ufficiale prevista in Germania oggi e domani. Anche se Scholz ha detto di essere convinto che il capo dello Stato francese troverà il modo per garantire un rapido miglioramento della situazione, i timori restano.
Altro Paese preoccupato, il Belgio: sulla scia delle violenze nelle banlieue francesi, nei giorni scorsi ci sono stati disordini nella zona sud di Bruxelles, attorno alla Gare du Midi. La polizia belga ha fermato 94 giovani, in gran parte minorenni, che si erano radunati davanti al Palazzo di Giustizia con intenzioni poco pacifiche. La scintilla di Parigi ha colpito anche la Svizzera: a Losanna più di un centinaio di giovani si sono riuniti nel centro della città e hanno lanciato pietre e molotov contro la polizia svizzera. Si erano dati appuntamento sui social network, il nuovo modo per sfuggire ai controlli cogliendo di sorpresa le forze dell’ordine. Sei adolescenti e un adulto sono stati arrestati.
L’immagine della Francia appare degradata a diversi Paesi. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno invitato i loro concittadini residenti o in transito in città francesi a "evitare le riunioni pubbliche di qualsiasi genere". Secondo i responsabili di Washington "le manifestazioni in Francia potrebbero diventare sempre più violente". Perfino l’Iran e l’Algeria – da che pulpito! – hanno detto la loro: l’Iran ha invitato Parigi a "dar prova di moderazione" e a "metter fine a trattamenti violenti contro la gioventù". L’Algeria, Paese d’origine del giovane Nahel ucciso a Nanterre, ha chiesto al governo francese di "garantire la protezione degli algerini che hanno trovato accoglienza in Francia". Il rischio del contagio esiste anche per l’Italia: ieri c’è stato a Torino un corteo di anarchici che hanno lanciato messaggi di "solidarietà con i compagni che stanno manifestando in Francia". Il clima, come si vede, non è dei migliori e ha già un impatto negativo sul turismo: gli operatori francesi del settore stanno già registrando la cancellazione di molte prenotazioni in vista delle Olimpiadi dell’anno prossimo a Parigi.
Giovanni Serafini