Mercoledì 17 Luglio 2024
COSIMO ROSSI
Esteri

Francia, l’azzardo di Macron. "Cosa ha ottenuto? È indebolito in patria ma più forte in Europa"

Il politologo Lazar: in ogni caso avrà un ruolo importante a Bruxelles. "Destra ko? In termini di voti e deputati c’è un’avanzata senza precedenti"

Roma, 9 luglio 2024 – Professor Marc Lazar, sociologo della politica all’istituto parigino di Sciences Po e alla Luiss di Roma, il voto francese allontana lo spettro del Rassemblement national che allarmava l’Europa?

"Attenzione a non parlare di sconfitta delle destre. Non hanno raggiunto la maggioranza perché la desistenza ha funzionato e due terzi dei francesi di ogni opinione hanno indifferentemente votato i candidati del fronte repubblicano. Oltre al fatto che molti esponenti del Rn si sono dimostrati incompetenti e hanno usato parole razziste e antisemite. Tuttavia c’è un’avanzata, da 88 a 143 deputati, e quasi 10 milioni di voti, senza precedenti".

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Le ragioni politiche e sociali dell’avanzata quindi rimangono?

"La diffidenza verso partiti, la rabbia sociale per la crisi del potere di acquisto e il rigetto per l’immigrazione rimangono intatte, specie nei ceti popolari. Ma anche tra i giovani delle zone rurali e i pensionati più poveri".

Vista la convergenza al secondo turno, Macron ha comunque vinto la scommessa del voto per arginare la destra e la sinistra estrema?

"Non ha vinto niente. Voleva una chiarificazione politica, ma la situazione è ancora più confusa. E il suo schieramento, sceso da 250 a 168 deputati, si sta autonomizzando da lui. Anche perché fra tre anni deve lasciare. Quindi mi sembra in una situazione di indebolimento politico interno. Siamo entrati in una fase in cui il potere del presidente della Repubblica sarà più limitato, perché ci sarà più potere del Parlamento".

Dopo il voto europeo, le legislative confermano comunque l’investimento di Macron nell’asse con socialisti e popolari. Questo può rafforzare l’Eliseo nel quadro dell’Unione?

"C’era enorme inquietudine in Europa per il rischio di successo del Rn e e di una coabitazione durissima, con conseguenze europee. Questa situazione, benché confusa, restituisce un po’ di respiro e capacità d’azione a Macron. Se riuscisse a fare un governo di larga intesa, come Letta nel 2013-2014 in Italia, non avrebbe problemi. Ma io non credo a questo governo coi due estremismi fuori. Oppure potrebbe esserci un governo più tecnico, con alcuni politici, che procede di provvedimento in provvedimento e che sarebbe comunque europeista. Nei due casi Macron avrà sempre un ruolo importante nel Consiglio europeo, dato che rappresenta la Francia".

Perché dubita di un governo di coalizione moderata?

"Perché tutta la sinistra del Nuovo Fronte popolare ha combattuto unita la riforma delle pensioni e le leggi sull’immigrazione. Non credo si dividerà su questo. Anche le caute aperture dei Verdi, infatti, chiedono di abrogare quelle leggi. Se invece degradasse la situazione economica, servirà una soluzione politica: un governo non solo di difesa contro il Rn o la sinistra radicale, ma che risponda alle aspettative dei cittadini sulle questioni sociali come pensioni e migranti. E, se non si trovasse un governo, Macron potrebbe anche essere costretto alle dimissioni. È quel che si augurano Le Pen e Mélenchon".

I partiti non potrebbero avanzare una loro proposta di governo all’Eliseo?

"Se il Parlamento avesse più potere torneremmo allo spirito iniziale della Costituzione della Quinta Repubblica. Si è creata una situazione totalmente inedita, perché ci sono tre blocchi, nessuno dei quali ha un capacità egemonica. Quindi non si vede per il momento che tipo di governo ci sarà. Ci stiamo italianizzando, da questo punto di vista".