"Non c’è ancora consenso in questo senso, ma nella dinamica del conflitto un invio di truppe occidentali in Ucraina non è da escludere". Una monumentale gaffe, o forse la voglia di riacquistare un posto in prima fila tra i nemici di Mosca anche in una ottica di esercito europeo. Le affermazioni del presidente francese Emmauel Macron a margine della conferenza di Parigi sull’Ucraina contraddicono totalmente la policy occidentale verso Kiev di questi due anni (aiuti militari sì, ma nessun coinvolgimento diretto) e hanno avuto una valanga di prese di posizione contrarie, dalla Nato agli Stati Uniti ai paesi europei, e, in casa di Macron, gli oppositori Le Pen e Melenchon.
Inevitabilmente, hanno anche innescato una dura presa di posizione della Russia. "L’invio di truppe occidentali in Ucraina – ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov – porterà a uno scontro militare diretto tra Russia e Nato. Non dobbiamo parlare di probabilità, ma di inevitabilità". Già.
In mattinata il primo ministro francese Gabriel Attal ha ribadito il concetto. "La Russia non può vincere la guerra. Due anni fa molti Paesi escludevano l’invio di armi, anche difensive, ora stiamo inviando missili a lungo raggio. Quindi non c’è alcun accordo per inviare truppe, ma non possiamo escludere nulla". Peccato che la linea dell’Occidente, senza se e senza ma, sia ben diversa. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, è stato tra i primi a smentire una simile ipotesi. "Gli alleati della Nato stanno fornendo un sostegno senza precedenti all’Ucraina – ha spiegato il leader dell’Alleanza – . Lo abbiamo fatto dal 2014 e lo abbiamo intensificato dopo l’invasione su vasta scala. Ma non ci sono piani per truppe della Nato sul terreno in Ucraina".
Quasi contemporaneo è arrivato anche lo stop della Casa Bianca, che ha chiarito tramite la portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, Adrienne Watson, che "gli Stati uniti non manderanno truppe a combattere in Ucraina". Dall’Europa è un corteo di no. Dall’Italia alla Germania e alla Spagna, dalla Svezia appena entrata nella Nato a Polonia e Bulgaria, dalla Slovacchia e l’Ungheria (figurarsi), all’Austria e all’Unione europea e al Vaticano. Molto efficace il cancelliere tedesco Olaf Scholz: "Ciò che è stato deciso tra noi fin dall’inizio continua a essere valido: non ci saranno truppe sul terreno, né soldati inviati dagli Stati europei o dagli Stati della Nato sul suolo ucraino".
"È un’idea di Macron – ha commentato il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani – ma quando si parla di inviare truppe si deve essere molto prudenti. Il mio giudizio personale è che non sono favorevole a inviare truppe italiane a combattere in Ucraina". E la posizione britannica, anche se loro qualche decina di istruttori in Ucraina li hanno, non è dissimile da quella degli altri partner Nato.
"Oltre al piccolo numero di personale che abbiamo nel Paese per assistere le forze armate ucraine, inclusi istruttori medici militari – ha detto il portavoce del premier Rishi Sunak – non abbiamo alcun piano per un dispiegamento su larga scala". La priorità è ben altra: riaprire il rubinetto degli aiuti militari americani, al quale ha lavorato ieri Joe Biden ricevendo alla Casa Bianca lo speaker della Camera, il repubblicano Mike Johnson e gli altri leader dei conservatori e democratici nel Congresso. "Le conseguenze di un mancato sblocco – ha detto il presidente – sarebbero terribili".