Impegnato in una complessa missione diplomatica fra continui attacchi della aviazione israeliana a Beirut e lanci di missili degli Hezbollah, che hanno colpito il nord di Israele e anche la periferia di Tel Aviv, il diplomatico Usa Amos Hochstein ha
annunciato ieri dal Libano che pare adesso "a portata di mano" una soluzione che metta fine alla guerra. "Siamo impegnati a ridurre il divario fra le rispettive posizioni", ha aggiunto dopo un incontro con il presidente del Parlamento Nabih Berri.
Se riuscirà a conseguire altri progressi Hochstein potrebbe recarsi già oggi a Gerusalemme per aggiornare il premier Benyamin Netanyahu. In Israele si avverte un’atmosfera di cauto ottimismo, anche se resta lontano il raggiungimento dell’obiettivo principale delle operazioni di terra nel Libano sud lanciate due mesi fa: ossia la rimozione di ogni minaccia da parte degli Hezbollah verso le località israeliane di confine dove fino ad un anno fa risiedevano quasi 100mila abitanti, la maggior parte dei quali sono stati costretti a fuggire.
In un discorso alla Knesset Netanyahu ha rilevato lunedì che Israele ha assestato duri colpi agli Hezbollah (fra cui l’uccisione del suo leader Hassan Nasrallah e gravi danni inflitti al 70-80 per cento del loro potenziale di razzi e missili"), ma ha anche avvertito che la loro minaccia resta elevata. Pertanto – ha aggiunto – Israele esige che le forze degli Hezbollah siano respinte "a nord del fiume Litani" (che corre a circa 10 chilometri dal confine). Israele insiste anche per mantenere in Libano una libertà di azione "non solo dopo eventuali infrazioni da parte degli Hezbollah" di un accordo di cessazione delle ostilità, ma anche per impedire che quel movimento torni a potenziarsi, "ad esempio con forniture dalla Siria". Per cui, secondo Netanyahu, occorre anche un rigido sistema di controllo sul confine fra Libano e Siria.
Il compito di Hochstein risulta dunque molto complesso perché le posizioni espressegli dai dirigenti libanesi – secondo quanto riferito dal quotidiano L’Orient le-Jour – sono molto distanti. Il Libano esige infatti garanzie internazionali di protezione da attacchi israeliani, in particolare da parte della sua aviazione. Il Libano chiede anche l’istituzione di una Commissione di controllo dell’accordo di cessazione dell’ostilità, di cui farebbero parte Usa, Francia, Libano, Israele e Onu. Per placare i timori di Israele gli Usa, secondo media israeliani, avrebbero suggerito che la supervisione di quella Commissione sia affidata ad un generale americano del comando Centcom.
In ogni caso gli sforzi diplomatici di Hochstein si fondano su una rielaborazione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza dell’Onu secondo cui la zona compresa fra il fiume Litani ed il confine con Israele dovrebbe essere affidata esclusivamente all’Esercito nazionale libanese e ai caschi blu dell’Unifil. Ieri si è appreso che sul tavolo c’è anche una proposta egiziana secondo cui in quell’area militari di Egitto e Giordania potrebbero affiancare l’esercito libanese.
Nel frattempo l’esercito israeliano ha esteso le operazioni di terra spingendosi fino a 6-10 chilometri dal confine. I militari hanno riferito di aver trovato importanti arsenali di armi e di razzi nei villaggi libanesi attraversati durante la avanzata. In caso di
accordo, sarebbero comunque in grado di lasciare il territorio libanese e di rientrare in patria in una settimana.