"Per l’Ue è la più grave crisi di sicurezza, io credo non si debba escludere nulla e mantenere una certa ambiguità strategica", risponde Kaja Kallas, alla domanda se sia ipotizzabile che i soldati europei abbiano un ruolo in Ucraina, magari per vigilare sulla tregua immaginata da Donald Trump. La 47enne estone nuovo Alto rappresentante Ue si insedia nel modo più eclatante. Non a Bruxelles ma a Kiev, proprio per ribadire a Vladimir Putin quale sia la priorità. L’erede di Josep Borrell sale in treno prima di mezzanotte (quando non è ancora in carica) e di prima mattina è già nella capitale ucraina in visita ufficiale. Le delegazione che incontra Volodymir Zelensky comprende il 63enne Antonio Costa, l’ex premier portoghese nuova guida del Consiglio europeo, e la 59enne slovena Marta Kos, commissaria all’Allargamento: altre studiate presenze per sottolineare che i 27 hanno un’agenda e la difendono. "Nel primo giorno in carica un messaggio: siamo dalla parte dell’Ucraina, militarmente, finanziariamente e politicamente come dal primo giorno", persevera Costa.
Zelensky ringrazia: "L’Ue non ha altra scelta che essere unita: la Russia usa diversi metodi in vari Paesi, come la Moldavia e la Georgia, ma gli obiettivi sono sempre anti-europei". Poi consegna "la lista delle cose di cui abbiamo bisogno", incluse nuove sanzioni alla Russia, confidando "che il nuovo pacchetto Ue sia approvato presto". Nel 2025 l’apertura di due "cluster negoziali" per l’adesione alla Ue. Nel frattempo la guerra assorbe ogni sforzo: "Insieme siamo la forza che costringerà la Russia a una pace giusta – aggiunge Zelensky –. Non mi interessa quale assassino si siederà al tavolo, per me sono uguali". Prima, una precisazione di rilievo: "Non chiederemo mai ai nostri alleati di inviare truppe in Ucraina. Certo, saremmo felici. Ma se io chiedessi truppe, metà dei nostri alleati interromperebbe il sostegno". L’Ucraina vuole essere dentro la Nato e Ue: "Ci vediamo futuri membri di queste organizzazioni", conferma Zelensky (chiedendo implicitamente a Biden di anticipare Trump).
La nuova commissione Ue è già al lavoro, la nuova amministrazione Trump dovrà aspettare il 20 gennaio: "Quando sento i resoconti degli Stati membri che hanno avuto colloqui con l’amministrazione Trump... beh, non dicono più che è così facile porre fine a questa guerra", confida Kallas. Ogni pace che si rispetti non può prescindere da una tregua. "Forse dovremmo domandarci se la tregua non serva ai russi per non rinunciare ai loro obiettivi – ragiona il nuovo capo della diplomazia europea –: la loro economia è entrata in una fase difficile, tra sanzioni, deficit, inflazione, mancanza di personale". Dunque è "nell’interesse degli Usa" continuare a sostenere l’Ucraina, perché una vittoria di Mosca "rafforzerebbe la Cina, l’Iran e la Corea del Nord, che già operano insieme". Le truppe nord coreane schierate a fianco dell’armata russa segnano una "svolta nel conflitto", e non solo in Ucraina: "cambiano le carte in tavola", rinnovano "la logica del se “tu mi aiuti io ti aiuto“", fa notare Kallas. E cita l’esempio della "Siria", ora preda di un nuovo conflitto in un’area di complessiva tensione geopolitica che, per motivi diversi, dal Mediterraneo sta salendo fino al Caucaso.
La Georgia, dopo il successo del partito filorusso alle elezioni del 26 ottobre, con rituale quanto fondato sospetto di brogli, è l’altro dossier che l’Unione non elude. La decisione del governo filorusso di congelare fino al 2028 l’inizio dei negoziati di adesione con l’Ue "avrà conseguenze dirette", fa sapere l’Alto rappresentante. In tre notti, centocinquanta arresti tra i manifestanti filoeuropei, attaccati dalla polizia anche con idranti e proiettili di gomma (ma il governo replica con durezza evocando decine di agenti feriti). "È chiaro che l’uso della violenza contro manifestanti pacifici non è accettabile", denuncia Kallas: "Ci rammarichiamo dei segnali del partito di governo di non seguire il percorso della Georgia verso l’Ue e della regressione democratica del paese". E a questo punto i 27 potrebbero varare sanzioni. "Ricatti", reagisce Tbilisi aizzata da Mosca.