Sabato 27 Luglio 2024

Lo scontro con le Nazioni Unite. Israele apre un altro fronte: "Dipendenti Onu tra i terroristi"

L’agenzia per i rifugiati palestinesi nel mirino dei servizi di Tel Aviv: coopera con Hamas. È solo l’ultimo duello dal 7 ottobre. Netanyahu aveva già chiesto le dimissioni di Guterres.

Lo scontro con le Nazioni Unite. Israele apre un altro fronte: "Dipendenti Onu tra i terroristi"

Lo scontro con le Nazioni Unite. Israele apre un altro fronte: "Dipendenti Onu tra i terroristi"

di Marta

Ottaviani

La situazione in Medio Oriente rimane delicata e a peggiorarla ci si è messo anche lo scontro a distanza fra Israele e le Nazioni Unite. Fra le due parti volano parole grosse, che ieri hanno raggiunto un nuovo picco, dopo che, appena 48 ore fa, da Gerusalemme era arrivata una risposta positiva al segretario di Stato americano Antony Blinken, per permettere a una delegazione dell’Onu di visitare il nord della Striscia di Gaza. L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Gilard Erdan, ha messo addirittura in dubbio l’utilità dell’istituzione nata nel 1945. "Un’organizzazione che non prende posizione quando un bambino di un anno è preso in ostaggio è complice dei terroristi e non ha ragione di esistere". Il riferimento, fin troppo chiaro, è ad Hamas. Il bambino in questione è il piccolo Kfir, preso in ostaggio dai terroristi durante l’attacco del 7 ottobre e che ha festeggiato il suo primo anno di vita in prigionia. Erdan ha aggiunto che l’Onu "invece di occuparsi delle persone sequestrate è capace solo si preoccuparsi per la gente di Gaza" garantendo che Israele continuerà a difendersi e a puntare il dito contro le Nazioni Unite.

Gli unici a parlare di pace sono stati trentasette rabbini americani, provenienti da diverse parti degli Usa, che due giorni fa hanno fatto irruzione al Palazzo di Vetro per inscenare una protesta nell’aula del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e nell’aula dell’Assemblea generale, entrambe vuote, per chiedere la cessazione delle ostilità, pregare per tutte le vittime del conflitto, e hanno fatto appello al presidente americano, Joe Biden, perché "la smetta di porre il veto sulla pace".

In Israele, però, le inclinazioni appaiono totalmente opposte. La radio militare di Gerusalemme ha dato una notizia che ha l’intensità di una bomba: fra i terroristi autori delle stragi del 7 ottobre c’erano anche dipendenti dell’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi. La fonte di questa accusa gravissima è lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interno israeliano. In particolare, oltre ad aver partecipato agli attentati, l’Unrwa, che viene considerata a tutti gli effetti un’organizzazione umanitaria, secondo lo Shin Bet avrebbe cooperato con Hamas in modo che non lascia dubbi. L’agenzia avrebbe messo a disposizione l’apertura di blocchi l’interno delle sue scuole che erano diretti verso i tunnel militari di Hamas e utilizzato gli edifici scolastici per immagazzinare mezzi da combattimenti e testi di insegnamento che esaltano alla lotta armata. La notizia sta facendo il giro del Paese e, in attesa delle inevitabili reazioni internazionali, la stampa israeliana sta diffondendo altri particolari. Il quotidiano ha-Yom, di orientamento filogovernativo, ha rivelato che sui canali Telegram di dipendenti della Unrwa sono comparse espressioni di giubilo per gli attentati e di sostegno alla Jihad.

Israele e Onu, questa volta, sono partiti con il piede sbagliato fin dall’inizio. Il premier Benjiamin Netanyahu aveva attaccato duramente il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, per le sue dichiarazioni, in cui diceva che l’attacco contro Israele era il risultato di "56 anni di soffocante occupazione". Il primo ministro lo aveva invitato a dimettersi, mentre il ministro degli Esteri, Eli Cohen, che si trovava a New York, si era rifiutato di incontrarlo. Pochi giorni dopo le autorità di Tel Aviv avevano negato il visto a Martin Griffiths, sottosegretario agli Affari Umanitari, per "dare una lezione all’Onu". Una distanza che rende ancora più difficile la fine del conflitto e la stabilizzazione dell’area.