Gli Stati Uniti lo considerano ’il tecnico dei droni killer’ del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica. Per questo il dipartimento di Giustizia americano ne vuole la consegna dall’Italia, dove Mohammad Abedini Najafabadi, imprenditore 38enne iraniano con cittadinanza svizzera, è stato bloccato lo scorso 16 dicembre. Per l’esattezza all’aeroporto di Malpensa, la sua tappa intermedia, una volta atterrato da Istanbul. Le manette nello scalo varesino sono scattate perché sull’uomo pendeva un mandato di cattura spiccato dalle autorità giudiziarie Usa: secondo gli investigatori, non è un ’semplice’ ingegnere meccanico ma è accusato di terrorismo per aver violato le leggi americane sull’esportazione di componenti elettroniche sofisticate dall’America all’Iran e per aver fornito materiale a un’organizzazione terroristica straniera.
È ora detenuto nel carcere di Opera (prima ancora era stato accompagnato nel penitenziario di Busto Arsizio e poi trasferito a Rossano), a seguito della misura cautelare emessa dalla Corte d’Appello di Milano. Cosa avrebbe commesso, esattamente? Secondo l’accusa ha cospirato contro gli Usa, esportando tecnologia sofisticatissima utilizzata poi dal Corpo delle guardie della rivoluzione islamica per compiere l’attentato con droni alla Tower 22, un avamposto statunitense in Giordania, che ha provocato tre vittime e ferito 38 militari lo scorso 28 gennaio.
Mohammad Abedini Najafabadi avrebbe fondato una società di copertura elvetica, la Illumove Sa, considerata dagli investigatori statunitensi un’impresa satellite dell’iraniana San’at Danesh Rahpooyan Aflak Co (Sdra), di cui il 38enne sarebbe stato amministratore delegato. Di più: almeno dal 2014, Sdra avrebbe stipulato numerosi accordi con la sezione aerospaziale del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica, inclusi progetti per razzi guidati a distanza e sistemi di navigazione integrati; tra il 2021 e il 2022, si legge nelle carte, circa il 99% del giro d’affari legato al software Sepehr ha riguardato solo Sdra, che avrebbe sfruttato il programma avanzato per i droni d’attacco unidirezionali.
Come i dispositivi killer in Giordania. Gli Usa ritengono che il sistema di navigazione sia stato commercializzato violando le leggi sulle esportazioni attraverso la Illumove Sa. Stando a quanto emerge dagli atti pubblicati sul sito del Dipartimento di giustizia Usa, Abedini è accusato anche di aver fornito supporto materiale ai pasdaran di Teheran, dando loro il necessario proprio per la costruzione di quei droni. A Malpensa, quel che la polizia ha trovato nei suoi bagagli il pomeriggio dello scorso 16 dicembre è stato ritenuto "compatibile con i reati contestati dalla Corte di Giustizia statunitense". Gli agenti hanno sequestrato "componentistica elettronica, materiale documentale cartaceo, bancario-commerciale, di interesse investigativo e tre devices telefonici-informatici". E arrestato l’uomo. Tre giorni prima, il 13 dicembre, gli Stati Uniti avevano notificato all’Italia un mandato d’arresto ai fini d’estradizione.
"Pur essendo gravi le accuse, la sua posizione è molto meno grave di quanto possa sembrare. Il mio assistito respinge le accuse mosse e non capisce i motivi dell’arresto": non usa giri di parole il legale dell’uomo, Alfredo De Francesco. Sulle condizioni del suo assistito dice: "Sta bene, è preoccupato e teso". Intanto la sezione distrettuale della Procura di Milano ha aperto un fascicolo senza ipotesi di reato né indagati relativo alla vicenda dell’arresto: un’indagine conoscitiva sulle modalità con cui l’uomo è stato bloccato nello scalo milanese.