Martedì 25 Marzo 2025
REDAZIONE ESTERI

Libia, cosa sta succedendo? Scontri a Tripoli con morti e feriti. Tajani: “Un errore far uccidere Gheddafi”

Si aggrava il bilancio dei combattimenti fra fazioni militari scoppiati lunedì nella capitale: almeno 55 i morti e oltre centinaia di feriti

Libia, cosa sta succedendo? Scontri a Tripoli con morti e feriti. Tajani: “Un errore far uccidere Gheddafi”

Roma, 16 agosto 2023 – "È stato un errore gravissimo lasciare ammazzare Gheddafi, non sarà stato il campione della democrazia, ma finito lui, è arrivata in Libia e in Africa l'instabilità” politica dell'area. Lo ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani.

Libia: nuovo bilancio degli scontri, 55 morti e 146 feriti
Libia: nuovo bilancio degli scontri, 55 morti e 146 feriti

Le sue parole arrivano all’indomani degli scontri fra fazioni miliari avverse che hanno causato decine di morti e feriti in un Paese che vive una situazione di forte instabilità.

Il leader libico, morto il 21 ottobre del 2011, fu rovesciato in seguito alle rivolte che scoppiarono nel Paese sull’onda delle insurrezioni della Primavera araba. Una rivolta che fu appoggiata dalla Nato che intervenne in appoggio ai ribelli.

L’Italia e Gheddafi

Il rapporto fra Gheddafi e l’Italia è sempre stato contrastato. Fra alti e bassi per questioni di colonialismo (fino al 2007 Tripoli celebrava la “giornata della vendetta contro gli italiani”), diritti civili, acque territoriali (la Libia è il paese Africano più vicino all’Italia). Rapporti che sotto il governo Berlusconi (Tajani è un esponente di Forza Italia) furono particolarmente buoni fra accordi bilaterali e sfruttamento delle risorse libiche (memorabile rimane la visita di Gheddafi a Roma quando montò un imponente villaggio beduino a Villa Pamphili e il casting di 200 hostess “da convertire” all’Islam).

Il bilancio degli scontri a Tripoli

E' di almeno 55 morti e 146 feriti l'ultimo bilancio delle vittime degli scontri scoppiati lunedì sera e cessati ieri a Tripoli, in Libia, tra due milizie armate. Lo ha riferito oggi all'emittente libica Alahrar il portavoce del Centro di assistenza e medicina d'urgenza, Malek Marseet. Le violenze sono scoppiate lunedì sera quando il Comandante della Brigata 444, Mahmoud Hamza, è stato arrestato dalla forza Rada all'aeroporto Mitiga di Tripoli. Hamza è stato rilasciato ieri sera.

Cosa sta succedendo

Quello di lunedì è stato l’ultimo degli scontri fra le due fazioni militari che controllano il Paese, ma è stato particolarmente cruento e si colloca in un momento storico di grande instabilità del continente africano (basti guardare cosa sta succedendo in Niger) e di fortissima tensione per quanto riguarda il controllo delle rotte migratorie dall’Africa all’Europa, come detto la Libia è lo Stato più vicino all’Italia.

Un Paese diviso in due 

La capitale Tripoli – si legge sul sito dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) – ed il nord ovest del paese sono controllati dal Governo di unità nazionale (Gnu), attualmente guidato del primo ministro Abdul Hamid Dbeibah. Il governo di Tripoli è riconosciuto a livello internazionale e occupa il seggio della Libia alle Nazioni Unite e all’Unione africana, ma è meno unito di quanto sembri. Dbeibah è una figura politica che rappresenta un compromesso fra i poteri forti dell’ovest, che includono le milizie islamiste di Tripoli e Misurata e interessi economici legati a reti di clientelismo.

L’est del paese e vaste zone della Libia centrale sono nominalmente sotto l’autorità della Camera dei Rappresentanti, la legislatura unicamerale della Libia, che nel marzo 2022 ha creato un governo parallelo con Fathi Bashagha come primo ministro. In realtà, è il generale Khalifa Haftar a governare questi territori in modo autoritario.

I due campi si reggono fondamentalmente su network di forze armate e milizie organizzate a livello locale e regionale, ma mantengono al tempo stesso complesse alleanze internazionali che hanno loro permesso di perdurare negli anni. Il governo di Tripoli ha l’appoggio militare della Turchia di Recep Tayyip Erdoğan. La Russia, l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti sono invece i principali alleati di Haftar.

Le risorse naturali

La Libia è un petrostato: nel 2021, i proventi del petrolio hanno rappresentato il 98% delle entrate pubbliche, secondo dati della Banca centrale della Libia. Le autorità di Tripoli controllano la compagnia petrolifera nazionale, la National Oil Corporation (Noc), e la Banca centrale, e riscuotono quindi la totalità dei proventi della produzione di idrocarburi. Ma le forze di Haftar controllano l’intera “mezzaluna del petrolio” nell’est del paese, così come cinque dei principali porti petroliferi della Libia: Es Sider, Ras Lanuf, Zueitina, Brega e Hariga. (Gli altri due principali porti petroliferi, Mellitah e Zawiya, sono nell’ovest del paese.)

Haftar non può vendere il petrolio direttamente sui mercati internazionali ma può bloccare fino a tre quarti della produzione e dell’esportazione, cosa che ha fatto ripetutamente negli anni per forzare il governo di Tripoli a cedergli una percentuale dei proventi.

Un accordo segreto fra Haftar e Dbeibah, probabilmente mediato dagli Emirati Arabi Uniti, ha portato alla nomina di Farhat Bengdara al posto di direttore della Noc nel luglio 2022. I termini dell’accordo non sono pubblici ma da quando Bengdara ha preso le redini della Noc la completa ripresa della produzione e delle esportazioni di petrolio in tutta la mezzaluna dell’est indica che Haftar sta incassando una percentuale dei proventi.