Tripoli, 4 luglio 2019 - Il governo libico del premier Fayez al Sarraj "dopo il massacro a Tajoura sta considerando il rilascio di tutti i migranti nei centri di detenzione, perché la loro sicurezza non può essere garantita". Lo dice il ministro dell'Interno Fathi Bashagha, come riferisce The Libya Observer. Il governo di concordia nazionale sta valutando di chiudere di tutti i centri di detenzione di migranti in Libia, con conseguente rilascio di tutti i prigionieri. Queste valutazioni derivano dalle pesanti conseguenze del raid che ha provocato la strage nel centro di detenzione di migranti a Tajoura, in cui hanno perso la vita almeno 55 persone. Bashaga ha anche evidenziato che il governo di concordia nazionale è obbligato a proteggere tutti i civili, ma gli attacchi ai centri di detenzione con jet F-16 vanno oltre le capacità del governo di proteggerli.
L'INTERVENTO DELL'ONU - L'Esercito nazionale libico, guidato dal maresciallo Khalifa Haftar, si dice pronto a "sostenere l'azione del governo Serraj" per rilasciare i migranti rinchiusi nei centri di detenzione. Lo ha scritto sulla sua pagina Facebook Ahmed al Mismari, portavoce dell'Esercito di Haftar: "Gli ultimi rapporti dell'Onu dimostrano che le milizie usano i migranti come scudi umani per accusare poi l'Esercito nazionale. La missione dell'Onu e il cosiddetto Governo di Tripoli hanno la responsabilità di fornire la sicurezza a queste persone e liberarle dalla presa delle milizie. Noi siamo pronti per liberarle all'istante". L'ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari ha preso una posizione netta, scrivendo in un rapporto ufficiale: "Gli attori umanitari chiedono il rilascio immediato dei rifugiati e migranti dai centri di detenzione e il ricollocamento in rifugi sicuri".
I NUMERI - Secondo gli ultimi numeri forniti dall'Onu sono circa 700 mila i migranti presenti in Libia. Di questi, oltre 6 mila sono rinchiusi nei centri di detenzione, oltre la metà dei quali vicino alla linea degli scontri. Dei 700 mila, il 12% sono donne quasi sempre vittime di stupri e abusi di ogni sorta. I bambini rappresentano il 9%. La nazionalità più rappresentata (in tutto sono oltre 40 i Paesi di provenienza) è il Niger con il 19%. Seguono l'Egitto (14%), Ciad (13%) e Sudan (12%). Si tratta di numeri significativi, soprattutto alla luce delle ultime dichiarazioni del Governo.
IL MONITO DI MOSCA - "Nonostante gli appelli della comunità internazionale in Libia le parti avversarie non stanno dimostrando la disponibilità a fermare lo scontro militare e a sedersi al tavolo dei negoziati: crediamo che in questa situazione la priorità sia fermare lo spargimento di sangue, che potrebbe portare a una guerra civile di larga scala" ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, commentando l'attuale situazione. "Ribadiamo la nostra posizione a favore della soluzione pacifica della crisi libica. Sfortunatamente, la faida e il vuoto di potere in Libia stanno creando un ambiente favorevole per l'attività di vari gruppi terroristici, dato che le loro attività criminali sono diventate più frequenti", ha proseguito la Zakharova. "Queste attività possono essere sconfitte solo con sforzi coordinati di tutte le forze patriottiche nazionali, sia nella parte occidentale che in quella orientale del paese". La posizione di Mosca è quella di istituire un regime di cessate il fuoco. "Chiediamo alle forze politico-militari della Libia d'iniziare il dialogo e prendere misure per ripristinare un processo politico inclusivo con lo scopo finale di superare la divisione del paese e formare istituzioni statali efficaci e uniformi", ha concluso.
GRAVE NAUFRAGIO - Ieri sera, a largo delle coste tunisine di Zarzis, si è verificato un naufragio. Secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) sarebbero 82 i migranti dispersi in mare e 3 i sopravvissuti, tutti del Mali. Uno dei 4 superstiti, soccorsi e portati al sicuro da alcuni pescatori tunisini, è morto in ospedale. Il gommone, secondo varie fonti, sarebbe partito proprio dalle coste di Zwara, in Libia.