
I miliziani montano il solito palco tra le macerie di Khan Yunis, Netanyahu ringrazia il tycoon. Dalla Casa Bianca arriva un ultimatum più rigido, però Tel Aviv punta alla fase due della tregua.
di Aldo BaquisTEL AVIVCon una regia ben orchestrata, realizzata fra le macerie di Khan Yunis (Gaza), Hamas ha ieri consegnato a Israele altri tre ostaggi nel contesto della prima fase degli accordi per la tregua a Gaza e ha così spianato la strada verso l’avvio della seconda fase: quella in cui dovrà essere concordato il ritiro definitivo di Israele dalla Striscia, assieme alla liberazione di decine di altri ostaggi e di importanti prigionieri palestinesi. L’ultimatum giunto in precedenza da Donald Trump (che esigeva la liberazione in blocco di tutti gli ostaggi) è rimasto così sospeso a mezz’aria, assieme a quello analogo pronunciato da Benjamin Netanyahu.
Al termine di una consultazione di sicurezza, il premier israeliano ha espresso soddisfazione per la liberazione ordinata dei tre ostaggi, "dovuta ai nostri rafforzamenti militari e alla posizione rigida assunta dal presidente Usa". Quanto alle trattative per la seconda fase, ha aggiunto, una decisione sarà adottata presto dal gabinetto di sicurezza israeliano.
Intanto in Israele è atteso il segretario di Stato Marco Rubio. Ieri questi ha lasciato intendere che i progetti di Trump per lo spostamento forzato della popolazione di Gaza sono solo un punto di partenza per studiare la ricostruzione della Striscia. "Se gli Stati arabi hanno piani migliori – ha aggiunto – sarebbe eccellente". Gli Usa certamente li prenderebbero in considerazione, a condizione che Hamas non possa più restare padrone della situazione.
Ieri, comunque, Hamas ha mostrato di essere ancora saldamente presente sul terreno. Di prima mattina ha disposto (assieme alla Jihad islamica) un proprio picchetto armato di fronte a un palco su cui comparivano le immagini dei suoi leader morti in guerra. C’era anche un messaggio dedicato a Trump e ai suoi progetti di ricollocamento di due milioni di palestinesi in altri Stati: "Emigrazione – era scritto – solo verso Gerusalemme". Fonti di Hamas hanno poi spiegato che si tratta di un testo non casuale: fra due settimane inizierà il mese di digiuno del Ramadan, che annualmente richiama masse di fedeli alla moschea al-Aqsa.
Sul podio sono poi stati fatti salire i tre ostaggi (Alexander Troufanov, Saguy Dekel-Hen e Yair Horn), a cui è stato chiesto di parlare alla folla. "I nostri compagni di prigionia – ha detto Saguy – fanno appello ai dirigenti di tutte le parti perché concludano gli accordi sulla tregua". Poi ha preso la parola Yair, che appariva molto dimagrito rispetto alle foto di 16 mesi fa: "Tutti gli ostaggi devono tornare a casa il più presto. Il tempo stringe". In mano teneva una clessidra affidatagli da Hamas con la scritta: "Il tempo stringe" e con la foto del prigioniero Matan Zingawker.
In serata la madre, Einav Zingawker, figura di primo piano nella lotta per la liberazione degli ostaggi, ha lanciato da Tel Aviv un nuovo appello a Netanyahu: "Invia immediatamente una delegazione per siglare la seconda fase degli accordi. Un ritorno alle ostilità a Gaza significherebbe la condanna a morte degli ostaggi".
Per le famiglie degli ostaggi liberati ieri sono stati momenti di gioia immensa, ma anche di dolore. Alexander ha appreso solo ieri che suo padre Vitali fu ucciso da Hamas il 7 ottobre. Yair ha lasciato nei tunnel di Gaza il fratello Eitan e ha potuto incontrare il padre solo in un ospedale di Tel Aviv, dove è ricoverato in condizioni gravi. Saguy ha abbracciato per la prima volta la figlia Shir-Mazal, nata poco dopo la sua cattura. Per lei Hamas gli ha donato due orecchini d’oro.
In parallelo, Israele ha rilasciato 369 prigionieri palestinesi, di cui 36 condannati all’ergastolo per una serie di attentati terroristici. Dall’inizio della tregua sono stati liberati 1.100 detenuti palestinesi. Ieri il servizio carcerario israeliano ha costretto quanti tornavano in libertà a indossare maglie con una Stella di David azzurra e con la scritta (non priva di errori di ortografia): "Non dimentichiamo e non perdoniamo". Gli ex detenuti si sono indignati e, al loro arrivo a Ramallah, hanno fatto un rogo di quelle maglie.