Erano le 17.07 in Israele ieri quando l’intero Paese ha trattenuto il respiro: dopo 15 mesi di prigionia nelle mani di Hamas tre giovani israeliane venivano consegnate a Gaza dai loro sequestratori agli emissari della Croce Rossa. La tregua – a cui l’amministrazione Biden ha lavorato duramente per mesi e che Trump ha adesso siglato, alla vigilia del suo insediamento – è scattata. Per una volta sia gli israeliani sia i palestinesi hanno festeggiato. I primi, per l’inizio della liberazione di 33 ostaggi (25 dei quali ancora vivi) nella prima fase degli accordi. Forte commozione è stata provata inoltre per il recupero da parte di una unità di elite dei resti del militare Oron Shaul, caduto in combattimento a Gaza nel 2014. Il padre era morto di crepacuore nel 2016, la madre è adesso malata di un tumore. "Non credevo che sarei mai riuscita a seppellirlo", ha detto fra le lacrime. Secondo il portavoce dell’ala militare di Hamas, Abu Obeida, a Gaza restano adesso complessivamente 94 ostaggi, 35 dei quali non più in vita. Ma anche i palestinesi hanno ieri festeggiato: per il ritiro dagli agglomerati urbani di Gaza dell’esercito israeliano e per l’ingresso di 280 camion di aiuti umanitari. Inoltre a Gerusalemme est ed in Cisgiordania sono stati rimessi in libertà 90 detenuti palestinesi (donne, e anche minorenni). Il loro arrivo è stato accompagnato da manifestazioni di giubilo in cui sono state esposte bandiere di Hamas.
Per tutta la giornata i media israeliani hanno seguito in diretta le fasi della liberazione delle tre giovani donne. Prima con espressioni di ansia, perché inspiegabilmente Hamas tardava a pubblicarne i nomi, al punto che il governo di Tel Aviv aveva lasciato intendere di essere pronto a far saltare l’intesa. Poi con gioia, quando le jeep della Croce Rossa si sono dirette verso il punto indicato loro da Hamas per la consegna. E quindi con vivo allarme, alla vista di una folla che circondava quegli automezzi in una piazza di Gaza. Infine il portavoce militare Daniel Hagari ha tranquillizzato la popolazione: "’Emily, Doron e Romi sono in nostre mani, stanno bene e sono in grado di camminare da sole". Adesso occorre, a suo parere, che le famiglie delle donne possano dedicarsi loro in una quiete totale: "Molto importante che i social si astengano da diffondere voci"’, relative in particolare alle loro traversie durante la prigionia.
Dopo un primo esame medico al confine di Israele Emily, Doron e Romi sono state condotte in un centro medico di Tel Aviv per esami più approfonditi. Le famiglie hanno avuto istruzione di lasciarle libere di riabituarsi alla libertà appena riacquisita in base al proprio ritmo personale. Nei locali messi a loro disposizione le luci sono state abbassate, nella convinzione che per molti mesi esse siano state costrette a vivere in tunnel e dunque non siano forse più abituate alla luce diurna. L’inizio della tregua è stato accompagnato, come previsto, dalla uscita dal governo del partito di estrema destra ‘Potere ebraico’, guidato dal ministro per la sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir secondo cui Israele ha commesso un errore fondamentale accettando di liberare, in cambio degli ostaggi, centinaia di palestinesi condannati all’ergastolo per aver compiuto gravi attentati terroristici.
Diversamente dalla linea scelta da Netanyahu (anche dietro energica pressione di Trump) Israele a suo parere avrebbe dovuto impedire l’ingresso a Gaza di tutti gli aiuti umanitari fino alla liberazione di tutti gli ostaggi. Secondo Ben Gvir in questi mesi Hamas ha infatti saputo appropriarsi delle forniture di aiuti e poi assicurarsi della loro distribuzione, garantendosi così il controllo sulla popolazione. Intanto Hamas ha affermato che il prossimo scambio ostaggi-prigionieri palestinesi averrà sabato prossimo: quattro i prigionieri israeliani che saranno rilasciati.