Giovedì 26 Settembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

Libano, il politologo Kepel: “Gli Usa sospesi, Bibi ne approfitta. Colpisce duro per avere la tregua”

Il docente francese: le elezioni americane concedono una grande opportunità al governo di Tel Aviv. “Per sopravvivere politicamente, il premier deve fermare i razzi di Hezbollah e far rientrare gli sfollati”

Roma, 26 settembre 2024 – Professor Gilles Kepel, perchè Netanyahu ha aperto il fronte del Libano?

“Per cogliere l’attimo. Penso che Netanyahu voglia usufruire dell’assenza di una guida alla Casa Bianca dato che Biden è fuori servizio e i due candidati non hanno oggi la capacità di prendere decisioni e comunque non vogliono alienarsi neppure la più piccola parte dell’elettorato, visti i margini stretti attesi. Fino al 20 di gennaio l’America è così sospesa da un punto di vista internazionale e questo apre una finestra di opportunità straordinaria per lui: Bibi vuole una vittoria militare”.

Il politologo Gilles Kepel
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Non gli basta la vittoria contro Hamas, a Gaza?

“A Gaza non ha per ora una vera vittoria, ma un sostanziale cessate il fuoco favorevole a Israele. Certo, hanno inflitto danni enormi alla capacità militare di Hamas e controllano il corridoio Filadelfia, alla frontiera tra Gaza ed Egitto, sotto il quale passano i tunnel dai quali entrano gli approvvigionamenti: armi, munizioni, soldi. Netanyahu ha sigillato Gaza e aspetta che soffochi totalmente. Ma con la finestra di opportunità che si apre a causa delle elezioni americane, vuole di più, vuole regolare i conti con Hezbollah e dato che non serve più una pressione militare enorme a Gaza, ha spostato truppe al confine nord e mosso l’aviazione per colpire migliaia di obiettivi e infliggere a Hezbollah dei danni enormi”.

Ci sarà un attacco di terra?

“Questo è difficile da dire. Penso che per il momento non valga la pena per Israele tentare una azione di terra, prendersi questo rischio, specialmente durante l’assemblea generale delle Nazioni Unite. E anche dopo, c’è la consapevolezza che le invasioni del Libano, in ultima analisi, sono sempre andate male per Israele”.

Ma se l’invasione di terra è improbabile, quali sono gli obiettivi di Israele?

“Sono due: colpire abbastanza duramente Hezbollah fino a spingerlo a accettare un tregua che fermi il lancio di razzi verso Israele e quindi consenta a Netanyahu di dichiarare vittoria e a far rientrare gli sfollati: questo è un obiettivo indispensabile per la sopravvivenza politica e giudiziaria di Bibi. E poi c’è il secondo obiettivo, meno evidente ma strategico, mettere in ginocchio Hezbollah in modo da colpire indirettamente l’Iran, un Iran mai così debole, come si è visto bene dopo l’omicidio di Haniyeh a Teheran. Continuare la pressione militare su Hezbollah, il proxy principale dell’Iran, è un modo per far cadere, a medio termine, la repubblica islamica. Qualcosa di simile lo abbiamo visto con la fine dell’Urss, figlia della sconfitta dell’Armata Rossa in Afghanistan”.

Pare ambizioso.

“Molto, ma Netanyahu tenta di cogliere questa finestra di opportunità. Certo, ammesso che ottenga una vittoria tattica in Libano, possibile ma non scontato, Netanyahu dovrà poi vincere la pace. E qui viene il difficile. Per farlo deve allearsi con il regno saudita. Ora, per i sauditi è essenziale che Israele riconosca lo Stato palestinese, il che non è per nulla facile dopo quello che ha detto e ha fatto Netanyahu. E per Bibi è ancora più difficile risolvere la questione nella Cisgiordania dove i coloni sono essenziali alla tenuta del suo governo e non accetteranno mai di lasciare quelle che chiamano Giudea e Samaria”.

In queste ore vediamo anche attacchi contro villaggi cristiani in Libano. Come mai Israele bombarda i suoi ex amici?

“Israele vuole in Libano una dimensione di terrore assoluto. Il sud è a maggioranza sciita e ci sono anche molti villaggi cristiani. Ma sono cristiani abituati, per la loro sopravvivenza, ad essere filo-sciiti. Se gli sciiti gli chiedono di nascondere armi, i cristiani non hanno il diritto di rifiutarsi. Israele lo sa e li tratta da alleati di Hezbollah. Senza contare che costringendo all’esodo tutta la popolazione della fascia più vicina alla frontiera con Israele, sciita e non, Netanyahu si assicura una sorta di “fascia di sicurezza di fatto“, per la protezione del nord di Israele”.