Venerdì 2 Agosto 2024
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Esteri

Libano, l’altro fronte caldo. Alto rischio di escalation, sul campo 1.200 italiani: "Qui Unifil evita il caos"

Il ministro Crosetto: senza i caschi blu sarebbe certamente un disastro. Il portavoce della missione: "Individuare i miliziani di Hezbollah non è facile".

Boni

Apparentemente è tutto come prima dell’audace blitz missilistico israeliano che ha “neutralizzato” a Teheran il numero due di Hezbollah, Ismail Aniyeh, e che ha scatenato venti di vendetta. I nervi sono saldi, l’alternarsi delle 200 attività giornaliere non cambia, la convinzione di essere fondamentali per evitare che la polveriera Libano esploda del tutto, sono le motivazioni che tengono alto il morale dei 1.200 soldati italiani inquadrati nella Missione Unifil insieme ad altri 9.300 di 49 nazioni. In questi mesi di tensione crescente c’è chi ha avanzato dubbi sull’utilità della missione. Il ministro della Difesa Guido Crosetto, che pure chiede di cambiare le regole d’ingaggio, risponde una volta per tutte. "Noi continueremo a operare, fin quando l’Onu riterrà di poter operare, anzi io sono convinto che la nostra presenza e quella di Unifil siano in questo momento l’unico elemento che può portare stabilità ed evitare escalation". Israeliani ed Hezbollah si scambiano razzi scavalcando le teste dei caschi blu, ma se non ci fossero questi ultimi come forza di interposizione sarebbe certamente un disastro. E sempre durante l’informativa alla Camera ha aggiunto: "Oggi ritengo che la sicurezza dei nostri militari non sia più a rischio che nei mesi scorsi. Non sono un target diretto e abbiamo un ottimo apparato di intelligence. Tuttavia, potrebbero essere coinvolti incidentalmente negli scontri tra le parti, che diventano più frequenti e di crescente intensità. Mi sono fatto portavoce di questa preoccupazione, sia con il mio omologo israeliano, sia con quello libanese affinché vengano rispettati ruolo e integrità del personale Unifil".

Da oggi intanto parte in via ufficiale il cambio di testimone al comando italiano di Sector West. La Brigata alpina Taurinense torna a casa e passa le consegne alla Brigata Sassari, i cui soldati sono conosciuti come Dimonios, soprannome affibbiato ai sardi dagli austro-ungarici nella prima guerra mondiale. Arrivano accolti dalle nuove minacce di Hassan Nasrallah, segretario generale di Hezbollah che getta benzina sul fuoco: "Israele non sa da dove arriverà la nostra risposta all’uccisione di Ismail Aniyeh e all’attacco su Beirut, se da nord o dal sud della Palestina, o da altre parti, se sarà separata o simultanea".

Cambierà qualcosa per i caschi blu? Da Naqoura, quartier generale della missione Unifil, il portavoce Andrea Tenenti, continua ad assicurare che nonostante tutto la missione non cambia pelle. " Si procede con le stesse modalità, pattuglie 24 ore su 24, scorte a convogli civili, operazioni di solidarietà. Se durante la giornata scattano allarmi particolari i soldati italiani sanno cosa fare, diciamo che è quasi normale". I militari Onu impegnati nel controllo dell’area tra la Blue line, che determina il confine sud del Libano con Israele e il fiume Litani a nord, devono tenere gli occhi aperti e l’attenzione alta perchè anche in quest’area si muovono mescolati alla popolazione locale i miliziani di Hezbollah. "Usano razzi a lunga gittata – spiega Andrea Tenenti – che a volte partono da oltre la linea di controllo dei soldati italiani di Unifil, ma a volte anche all’interno dell’area di interposizione. Individuarli non è facile, colpiscono e si dileguano. È necessario che venga implementata da entrambe le parti la risoluzione Onu che regola i rapporti Israele – Libano nell’ambito della missione Unifil, come evitare violazioni dello spazio aereo, che circolino armi, accertare che non vi siano forze militari in Libano senza autorizzazione del governo di Beirut". Eppure nel Paese dei cedri continuano a muoversi con il consenso del partito sciita milizie agli ordini di Teheran e Damasco.