Domenica 16 Marzo 2025
GIOVANNI ROSSI
Esteri

L’Europa sfida la Russia

Starmer convoca i vertici militari. Meloni frena: non inviamo truppe. .

Starmer convoca i vertici militari. Meloni frena: non inviamo truppe. .

Starmer convoca i vertici militari. Meloni frena: non inviamo truppe. .

L’Ucraina? È "il partito della pace", già impegnato "a un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni". La Russia? "Prima o poi Putin dovrà sedersi al tavolo. Questo è il momento. Lasciamo che le armi tacciano e accettiamo un cessate il fuoco ora", chiede a Mosca – e riassume la posta in gioco – il leader britannico Keir Starmer, al termine del meeting pro Kiev andato in scena ieri a Londra. Con annuncio di operatività immediata (tuttavia da riscontrare e dettagliare).

Videocall a 26. Paesi Ue ed extra Ue: ci sono anche Turchia, Australia e Nuova Zelanda, oltre al Canada del neo premier Mark Carney. Con la regia di Downing Street e la partecipazione speciale di Nato e Ue, l’Ucraina riceve affetto e promesse. Senza la solennità del precedente incontro del 2 marzo alla Lancaster House, il sabato dei volenterosi – più meno convinti – si dipana con un puzzle di faccione e faccine. Dalle finestre sullo schermo emerge un’immagine da tempo di Covid trasportata in quello di guerra. Ambizioni elevate, connessioni differenziate. Difatti non tutti i volenterosi hanno in mente lo stesso livello di ingaggio. Se sui costanti aiuti all’Ucraina – affinché possa difendere la sua sovranità – Londra riscuote il massimo consenso, il resto rimane da approfondire.

Ragguagliati i partner sullo stato dell’arte, e sbandierata l’ipotesi di "nuove sanzioni" per "indebolire la macchina da guerra" russa e costringere Vladimir Putin al tavolo, Starmer tira dritto e ufficializza il nuovo appuntamento di gruppo per giovedì 20 marzo, a livello di vertici militari e in formato probabilmente ristretto. Di sicuro ci saranno i Paesi pronti a mettere a disposizione truppe (come Regno Unito, Francia, Turchia e forse il Canada). Tutto il resto è da definire e rifinire. Delineare i "progressi pratici" a livello di pianificazione "operativa" significa boots on the ground (stivali sul terreno). E il presidente francese Emmanuel Macron già esulta per la "disponibilità ad aderire" di "molti Paesi europei e non europei" alla garanzia di un futuro accordo di pace. Secondo l’Eliseo, questo implicherebbe "alcune migliaia di uomini" per stato, dispiegati "in luoghi chiave, per portare avanti programmi di addestramento" e "dimostrare" la tutela "a lungo termine" di Kiev.

Giorgia Meloni, collegata da Palazzo Chigi seppur dopo qualche esitazione, ribadisce il suo pensiero e lo affida a una nota: "L’Italia intende continuare a lavorare con i partner europei e occidentali e con gli Stati Uniti per la definizione di garanzie di sicurezza credibili ed efficaci". Ma il quadro "a favore di una pace giusta e duratura" non prevede, secondo la presidente del Consiglio, alcuna "partecipazione nazionale a una eventuale forza militare sul terreno". Posizione che risponde sia a valutazioni internazionali (rapporto con la Casa Bianca, contrarietà della Russia) sia interne (dopo il voto contrario della Lega al ReArm Europe).

Tutto è in rapido divenire. Ma prima dell’eventuale "dispiegamento della coalizione" in Ucraina, "sul terreno" e "con aerei nei cieli", va firmata quella "pace sicura e duratura" che anche la Russia ora sostiene di volere. "Non possiamo consentire a Putin giochetti sull’accordo presentato dal presidente Trump", ricorda Starmer. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky annuisce e sfida ancora lo zar: "Sta mentendo a tutti: sulla situazione sul campo, in particolare nella regione di Kursk, e sul cessate il fuoco. Sarebbe già potuto avvenire, ma la Russia sta facendo di tutto per impedirlo". E per dimostrare che invece l’Ucraina fa sul serio ufficializza la squadra di Kiev per le trattative di pace, nominando a capo dei negoziatori il suo capo staff Andriy Yermak.