Graglia
Le voci sulla disponibilità di Putin a trattative di pace ospitate dalla Slovacchia di Fico sembrava un inatteso regalo di Natale. Eppure, se si legge la trascrizione originale della conferenza stampa del 26 dicembre, al termine di un incontro con i presidenti dei Paesi aderenti alla comunità economica eurasiatica, l’entusiasmo viene rapidamente ridimensionato e si assiste al costante gioco della diplomazia russa, dalla guerra fredda in poi: un po’ di bastone, un po’ di carota, magistralmente dosati da Putin. Davanti a compiacenti giornalisti di casa, il presidente russo non ha fatto per nulla affermazioni di apertura a un processo di pace. Anzi. Ha ribadito che il fine principale del governo russo è raggiungere gli obiettivi della "operazione speciale" (perché, testuale, "Dio è con noi"). E si sa, se la bastonata la dai con l’aiuto di Dio, vale doppio.
Quando un giornalista gli chiede cosa pensa della proposta di Trump di "congelare" il conflitto in cambio del rinvio dell’entrata di Kiev nella Nato per venti anni, Putin assesta un’altra bastonata: "Biden mi ha proposto esattamente questo nel 2021. Suggerì di posticipare l’adesione dell’Ucraina alla Nato di 10-15 anni, poiché all’epoca non era ancora pronta. Nel grande schema della storia, che differenza fa per noi se accade oggi, domani o tra 10 anni? Che differenza c’è tra l’amministrazione Biden e quella Trump? Nessuna differenza". Dopo il bastone, un po’ di carota, ma immaginaria.
Alla domanda se sia vero che la Slovacchia è stata proposta dal primo ministro slovacco Fico come sede di negoziati con Trump, il presidente russo dribbla tra le speranze degli europei: "Sì, effettivamente Fico ha detto che nel caso ci fossero negoziati per una soluzione di pace, sarebbero lieti di ospitarli, e a noi, se si arriva a quel punto, andrebbe bene, poiché la Slovacchia ha assunto una posizione neutrale". Che è un po’ diverso dal promuovere o anche solo prevedere tali negoziati. Roteando la sua carota immaginaria, Putin non manca peraltro di far notare che nell’Unione europea ci sono voci "neutrali". L’ultima domanda la fa un giornalista preoccupato di "cosa si possa fare per evitare l’incendio ai nostri confini", citando la Moldavia e la destabilizzazione della Bielorussia "per colpa dell’Occidente". La risposta di Putin è forse l’unica cosa sincera detta all’incontro: "Dobbiamo essere forti". Niente di nuovo sul fronte orientale.
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