Domenica 1 Settembre 2024
«DA DOVE
Esteri

Le lettere del soldato. L’addio di un 20enne morto nelle vie di Gaza: "Festeggiate per me"

L’esercito israeliano pubblica i messaggi di uno dei 44 caduti. I video, le feste, gli affetti: i ricordi toccanti di un ragazzo qualunque.

Le lettere del soldato. L’addio di un 20enne morto nelle vie di Gaza: "Festeggiate per me"

Le lettere del soldato. L’addio di un 20enne morto nelle vie di Gaza: "Festeggiate per me"

di Antonio

Del Prete

"Da dove comincio?". Il foglio bianco, il cuore nero piombo. Adam ha vent’anni, l’uniforme da soldato e l’animo di un condannato a morte. Da dove si comincia una lettera d’addio? Il fiato è corto, le parole si attorcigliano. "Non avrei mai immaginato di dover scrivere una cosa del genere nella mia vita". Una vita, prima del 7 ottobre, uguale a quella dei suoi coetanei occidentali. La musica a tutto volume negli auricolari, i video girati con il telefonino, le feste. Tutto finito. Hamas ha incendiato Israele di terrore, bisogna crescere in fretta. "Ho provato a rimandare più e più volte, ma mi è stato detto che entreremo a Gaza domani e c’è la possibilità che non torneremo".

Non è tornato, Adam, nome di fantasia del sergente scelto che le Forze di Difesa di Tel Aviv (Idf) esibiscono con orgoglio tra gli eroi da non dimenticare. Uno dei quarantaquattro caduti israeliani nella battaglia della Striscia.

La sua prosa, lasciata sulle pagine di un quaderno a righe, è tutt’altro che scolastica. È il momento penoso dei grazie e degli scusa. "Cari mamma e papà, anche quando vi ho parlato in modo irrispettoso e ho rinunciato a tutto, voi non avete rinunciato a me". Erano i giorni "difficili" di un’adolescenza ordinaria. Tempi in cui "anche quando c’ero, non ero molto presente. E ora mi dispiace tanto". Ora che i silenzi di un ex ragazzo in guerra col mondo vengono colmati dai boati e dalle urla e dai pianti.

"Mi manca tanto l’infanzia con te", scrive alla sua Zohar, la sorella maggiore. "Quanto ci siamo divertiti". I pensieri riavvolgono le scene care, "le mattine in cui ci alzavamo prima di mamma e papà per preparare loro la colazione". O "i video divertenti che registravamo fingendo di essere personaggi famosi". "Non smettevamo di ridere finché non ci faceva male la pancia". I ricordi più caldi diventano subito rimpianti. "Ti amo tanto, Zohar, purtroppo non posso dirtelo guardandoti negli occhi". Poi Adam si rivolge ai parenti: "Mi dispiace per ogni cena o incontro di famiglia a cui non sono venuto perché so di aver perso esperienze con persone fantastiche".

Le ultime righe sono un groppo in gola. Un testamento. Alla sorellina Ori, che non vede da due settimane, chiede di parlargli nei suoi pensieri, perché "io ti ascolterò dall’alto". Agli "amici più cari" raccomanda di "festeggiare come avevamo programmato di fare al mio ritorno e raccontare ai vostri figli tutti i momenti che abbiamo condiviso". E viene da immaginarlo lì, chino su uno scrittoio improvvisato, mentre si asciuga gli occhi con la manica dell’uniforme, tira su col naso e rompe il fiato fissando il nulla. Dopotutto è un soldato. "Credo con tutto il cuore in quello che sto facendo. Non abbiamo altro Paese, e ora tocca a me difenderlo e combattere la battaglia di tutti i civili, militari, bambini, anziani e donne che erano impotenti di fronte alla brutalità di Hamas". L’ultimo granello di sabbia della clessidra ha bisogno di un senso per cadere. E poco importa se è retorica.