Donald Trump, il primo presidente degli Stati Uniti ad essere stato condannato penalmente, è straconvinto che riuscirà a tenersi lontano dai tribunali nei quali dovrebbero svolgersi i processi che lo riguardano e a non scontare la condanna penale, subita ma ancora non quantificata, per i 34 capi di imputazione del caso Stormy Daniels. E questo per il combinato disposto di tre assi nelle sue mani che lui intende giocarsi senza problemi: il potenziale licenziamento del procuratore speciale suo acerrimo nemico, una Corte suprema (nella quale lui ha garantito una solida maggioranza repubblicana) che con il pronunciamento del primo luglio scorso gli ha fornito un formidabile scudo penale e in ultima analisi la possibilità di concedere la grazia a se stesso.
Ma andiamo con ordine. Il primo obiettivo è il procuratore speciale Jack Smith che aveva avviato due filoni, con quattro capi d’accusa, relativi al ruolo di Trump nell’assalto al Congresso e nella sottrazione da parte di Trump di documenti segreti della Casa Bianca. Trump ha il potere di nominare un nuovo procuratore generale che potrà rimuovere Smith dal suo incarico. Non è una ipotesi di scuola. "Se sarà eletto ci metto due secondi a licenziarlo: è un uomo disonesto, corrotto e mentalmente squilibrato" ha detto Trump lo scorso 24 ottobre al conduttore radiofonico conservatore Hugh Hewitt. E ragionevolmente così sarà. Ma che fine faranno i processi che Smith ha avviato? Quello sui fatti del 6 gennaio è in stallo e la giudice Tanya Chutkan aveva fissato udienze a novembre e dicembre che gli avvocati di Trump hanno chiesto di annullare, vista l’elezione del loro assistito. Il filone dei documenti segreti, che aveva 40 capi di imputazione, è stato invece già archiviato dalla giudice Aileen Cannon, contro la quale ha fatto ricorso il procuratore Smith, ma se lui sarà rimosso il problema si risolverà da solo.
Ammesso e non concesso che il primo processo dovesse andare avanti, interverrà lo scudo penale della sentenza decisa a maggioranza (6 a 3) dalla Corte Suprema. La Corte ha concesso quella che formalmente è una parziale immunità, una franchigia che vale solo per gli atti ufficiali. Ma determinare quali atti siano ufficiali e quali no sarà ben difficile vista "la necessità di evitare influenze indebite sul processo decisionale di un presidente in carica". "La linea tracciata dal chief of justice Roberts – ha scritto la giudice della Corte Suprema Sonia Sotomaior, uno dei tre che hanno votato contro – restringe la condotta considerata “non ufficiale“ quasi a niente perchè ogni volta che il presidente agisca in un modo non manifestamente di fuori della sua autorità starebbe agendo comunque in maniera ufficiale: il presidente è ora un re al di sopra della legge". Questo stopperà ogni procedimento di Jack Smith ma anche quello – competenza statale e non federale – aperto dal procuratore distrettuale Fani Wiliams in Georgia per il presunto tentativo di sovvertire il voto in quello Stato. Qui Trump non può silurare il procuratore, ma si attende di vedere applicata la sentenza della Corte Suprema.
Resta l’ultima questione, quella del caso Stormy Daniels, per il quale Trump è stato condannato. La quantificazione della condanna era attesa il 18 settembre ma gli avvocati di Trump hanno chiesto e ottenuto un rinvio al 26 novembre, quando chiederanno un altro rinvio o che la condanna venga riconsiderata alla luce del pronunciamento della Corte Suprema. Se anche non ci riuscissero, il presidente eletto ha però una carta potente. La possibilità da parte di Donald Trump, dopo l’insediamento, di concedere la grazie a qualsiasi condonato. Compreso lui stesso. L’auto-grazia è un atto mai visto prima, ma non è vietato dalla legge. E a Trump non mancherebbe certo il coraggio di farlo, usando a pretesto il presunto uso politico della giustizia da parte dei suoi avversari. Ecco perchè Trump dorme tranquillo. Nessuno lo manderà in carcere.