Giovedì 26 Settembre 2024
ALDO BAQUIS
Esteri

L’attacco a Hezbollah. Esplodono i cercapersone. Almeno 17 morti, quasi 3mila feriti

Detonazioni simultanee in alcune città di Libano e Siria. I miliziani: "C’è la mano di Israele". Tra le vittime il figlio di un deputato del partito sciita, colpito l’ambasciatore iraniano a Damasco.

L’attacco a Hezbollah. Esplodono i cercapersone. Almeno 17 morti, quasi 3mila feriti

Detonazioni simultanee in alcune città di Libano e Siria. I miliziani: "C’è la mano di Israele". Tra le vittime il figlio di un deputato del partito sciita, colpito l’ambasciatore iraniano a Damasco.

Un messaggio in apparenza normale che compare sul cercapersone. Una batteria al litio che sembra surriscaldarsi. E poi una esplosione che investe solo il detentore dell’apparecchio, ma in genere non chi gli è vicino. In questo modo, alle 15.30 di ieri, migliaia di membri degli Hezbollah e loro sostenitori, in Libano e in Siria, sono stati oggetto di un grandioso attacco elettronico che l’organizzazione sciita ha subito attribuito ad Israele. "La nostra reazione arriverà di certo", ha avvertito un portavoce degli Hezbollah dopo che fonti della sanità libanese avevano pubblicato un bilancio provvisorio delle vittime: una decina di morti (fra cui una bambina) e circa 3.000 feriti, di cui 200 in condizioni gravi. Almeno sette, invece, fino a ieri sera, i morti accertati in Siria. Fra i feriti anche l’ambasciatore dell’Iran a Damasco e le sue guardie del corpo. Incolume invece il leader Hezbollah, Hassan Nasrallah. Israele ha intanto elevato lo stato di allerta nella eventualità che le sue forze stiano per lanciare una offensiva missilistica contro le retrovie dello Stato ebraico, in ritorsione alla impressionante serie di esplosioni verificatesi a Beirut e in diverse altre località libanesi.

Ad accrescere il nervosismo fra i responsabili militari israeliani vi è inoltre la grave frattura fra il premier Benjamin Netanyahu e il ministro della difesa Yoav Gallant, in seguito a una lunga serie di dissensi per la conduzione della guerra a Gaza. Netanyahu ha fatto sapere di essere sul punto di sostituire Gallant – principale punto di riferimento in Israele della amministrazione Biden – con il leader di una piccola formazione di centro-destra, Gideon Saar. Ma di fronte al rischio che la crisi in Libano degeneri in una guerra aperta Netanyahu, secondo i media, si è visto costretto a rinviare la defenestrazione di Gallant (che gode peraltro di notevole popolarità in Israele) e forse anche la partenza per la riunione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, a fine mese.

La nuova crisi con gli Hezbollah è iniziata nella notte di lunedì quando il consiglio di sicurezza di Israele ha incluso fra gli obiettivi della guerra anche la necessità di consentire a decine di migliaia di sfollati della Galilea di tornare in condizioni di sicurezza nelle proprie abitazioni. Implicitamente significava l’intenzione dell’esercito di creare nel Libano sud, a ridosso del confine, una zona cuscinetto tale da allontanare di qualche chilometro i miliziani Hezbollah. In seguito lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interno, ha anche rivelato di aver sventato in extremis un attentato ordito dagli Hezbollah contro un responsabile della sicurezza (probabilmente un generale della riserva). L’ordigno ‘Claymore’ era già in Israele: se avesse eliminato il suo obiettivo, sarebbe stato un casus belli. Dunque, hanno dedotto i generali israeliani, Hezbollah si sta preparando ad una guerra. Poche ore dopo i cercapersone degli Hezbollah in Libano hanno iniziato a suonare e il bilancio delle vittime ha preso a salire in maniera impressionante, al punto che gli ospedali libanesi sono giunti alla saturazione.

Entrambe le operazioni (l’attentato sventato al generale e la manipolazione dei cercapersone) erano state progettate per tempo. Ma adesso Hezbollah e l’esercito israeliano si trovano davvero ad un passo da un confronto totale. Una situazione che non può che giovare a Yahia Sinwar, il leader di Hamas a Gaza. In caso di un ingresso massiccio di forze israeliane in Libano, la pressione su di lui necessariamente calerebbe, mentre crescerebbero le sue probabilità di recuperare il potere a Gaza.