di Cesare De Carlo
L’aggressione all’Ucraina fu una brutta sorpresa per Silvio Berlusconi. Con Vladimir Putin aveva un rapporto personale. Se lo era creato alla fine di maggio del 2002. Pratica di Mare si svolgeva il vertice della Nato. Presente al fianco dei capi di Stato e di governo dell’Occidente il giovane Vladimir Putin. Ebbene l’amico Silvio era riuscito a convincerlo a un passo sensazionale: l’invio di un osservatore russo a Bruxelles al quartiere generale dell’alleanza atlantica. Sembrava acquisita la vocazione pacifica della Russia (quasi) democratica. Il mondo non credeva ai suoi occhi. George W. Bush da una parte, Putin dall’altra, in mezzo il padrone di casa che li costringeva a stringersi la mano. La grande visione prendeva consistenza. Usa e Russia da superpotenze rivali inauguravano una nuova era di pace e collaborazione. A quel punto davvero la guerra fredda poteva considerarsi sepolta.
Erano trascorsi undici anni dalla fine dell’Urss. Da due presidente della Russia postcomunista era
Vladimir Putin.
Il 28 maggio 2002, a Pratica di Mare, il sembrava acquisito alla visione berlusconiana di un’Europa democratica dall’Atlantico al Pacifico. Un anno dopo Putin sbarcava sulla costa Smeralda. L’amico Silvio lo attendeva in bandana. Al largo della Maddalena era ancorato l’incrociatore Moskva. Avrebbe partecipato a un’esercitazione congiunta con la Marina militare italiana. Chi poteva immaginare che nove anni dopo quello stesso incrociatore sarebbe stato distrutto dalle bombe ucraine? Quelle bombe hanno distrutto anche le speranze di Berlusconi e dell’Europa. La missione dell’osservatore russo alla Nato fu una specie di gita turistica. E il 24 febbraio del 2022 Putin lanciò la sua aggressione all’Ucraina. Contava sullo sbandamento di quella Nato che aveva snobbato e sull’assenza di leadership da parte di Biden. Ma la Nato ha tenuto. L’Ucraina ha resistito.