Roma, 17 giugno 2024 – Parafrasando Humprey Bogart (Deadline, 1952), "è la geopolitica, bellezza. E tu non puoi farci niente". In un mondo sempre più multipolare, nessuno dovrebbe sorprendersi se i Brics e buona parte del Sud del mondo hanno sinora simpatizzato più o meno apertamente per Putin e la sua politica imperialista che si fa beffe della Carta delle Nazioni Unite e antepone le proprie presunte necessità di sicurezza alle regole della comunità internazionale.
L’acronimo del resto spiega molto: Bric sta infatti per Brasile, India, Russia e Cina, Paesi che trovarono unità di intenti strategici nel lontano 2009 ad Ekaterinburg in Russia, sotto gli auspici di Medvedev (e in Russia si sono ritrovate anche nel 2015 e nel 2020, stavolta invitati da Vladimir Putin). A loro si unì due anni dopo anche il Sudafrica, mutando l’acronimo in Brics. E non era finita. Nell’agosto 2023, i 5 membri del Brics hanno ufficialmente invitato ad unirsi al gruppo Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran e di questi Egitto, Emirati Arabi, Etiopia e Iran sono ufficialmente diventati membri effettivi a partire dal 1º gennaio 2024, mentre l’Argentina ha cambiato idea e l’Arabia Saudita prima ha detto che avrebbe aderito ma non ha ancora ratificato l’ingresso. Ma altri – tra i quali Indonesia, Nigeria, Senegal, Thailandia, Venezuela, Algeria, Pakistan, Bahrain, Bielorussia, Kazakstan, Bangladesh, Vietnam – hanno presentato formale domanda di adesione e potrebbero entrare presto. Il club si allarga.
Questo premesso, se si va a vedere chi c’era e chi non c’era e chi pur essendoci non ha firmato la (pur blanda) dichiarazione finale del summit svizzero sull’Ucraina, si noteranno molte interessanti analogie. I Brics e i potenziali Brics di fatto stanno dalla parte della Russia. Vuoi perché come la Cina usano in maniera cinica la guerra di Putin come uno strumento per indebolire l’Occidente (e la stessa Russia che, fiaccata, tratteranno poi come “partner junior“), vuoi perché, come l’India, hanno beneficiato della vendita di idrocarburi russi a basso costo e hanno comunque una lunga storia di vicinanza con Mosca, vuoi, nel caso di Brasile e Sudafrica, per ragioni ideologiche terzomondiste. Da Lula a Xi, la scelta strategica è fatta.
Sono, certo con varie declinazioni, amici di Mosca e del suo progetto di ordine globale multipolare, tanto caro anche alla Cina. Non a caso, nell’agosto 2023 Vladimir Putin, dopo 18 mesi di guerra, scelse di partecipare in videoconferenza al summit Brics in Sudafrica per spiegare le ragioni di una guerra "la cui colpa è dell’Occidente". Parlava fra amici. Oggi i Brics e il loro entourage confermano, come già hanno fatto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la loro “comprensione“ per le necessità strategiche del Cremlino, voltandosi dall’altra parte. Putin faccia pure. A riprova che il Cremlino non ha poi tutti i torti nel dire che non è solo. I leader di Paesi che contano oltre 3,6 miliardi di persone stanno con l’imperialismo impenitente dello zar.