Una Russia sempre più sotto tiro da parte delle istituzioni occidentali tenta la carta della rappresaglia. Ma Mosca è sempre più isolata e la pressione internazionale, seppure con qualche disallineamento nella Ue, continua a farsi sentire. In soli due giorni, la Russia ha dovuto fare i conti con due decisioni, diverse fra di loro, ma entrambe fastidiose. Lunedì è stato approvato il 14mo pacchetto di sanzioni. Ieri è arrivato l’annuncio da parte della Corte penale internazionale de L’Aja di aver emesso mandati di cattura contro l’ex ministro della Difesa, Sergeij Shoigu, e il capo di Stato maggiore delle Forze Armate russe, Valerij Gerasimov. L’accusa, gravissima, è di aver perpetrato crimini di guerra e crimini contro l’umanità ai danni della popolazione civile ucraina.
Sotto la lente di ingrandimento del Tribunale internazionale, in particolare, ci sono i bombardamenti missilistici contro infrastrutture elettriche condotti dall’ottobre del 2022 al marzo del 2023. Si tratta del secondo intervento de L’Aja nei confronti di Mosca dall’inizio del conflitto. Il 17 marzo 2023, la Corte penale internazionale aveva spiccato un mandato di arresto per il presidente Vladimir Putin in persona e per Maria Lvova-Belova, commissario presidenziale per i diritti dei bambini in Russia. In quel caso, l’accusa fu di ‘crimini di guerra’, con particolare riferimento alla deportazione illegale dei bambini ucraini. I mandati di arresto della Corte penale internazionale vengono solitamente rispettati dai 123 Stati membri. Gli altri possono decidere di ignorarli. In questa categoria, per motivi diversi, rientrano alcuni Paesi importanti nel nuovo ordine globale che si sta venendo a creare, primi fra tutti Stati Uniti, Cina e Russia. Ma è comunque un modo per mettere sotto pressione non solo Mosca, ma anche tutte quelle nazioni che sono importanti partner commerciali e soprattutto Pechino, impegnata nella creazione e alimentazione di una cordata di Stati a composizione variabile in posizione anti occidentale.
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky ha reagito all’ordine di cattura con un post su X, dove ha scritto: "La decisione indica che la giustizia per i crimini russi contro gli ucraini è inevitabile. Nessun grado militare o nessun gabinetto può proteggere i criminali russi dalle loro responsabilità". Mosca reagisce come può. Ieri il Ministero degli esteri russo ha reso noto di aver bloccato 81 media in 20 Paesi europei in risposta alla decisione del Consiglio Ue del 17 maggio scorso di vietare ‘qualsiasi attività televisiva’ di tre media russi (Ria Novosti, Izvestia e Rossiyskaya Gazeta). Fra le testate colpite ce ne sono anche quattro italiane: Rai, La Stampa, La Repubblica e La7. La motivazione del provvedimento è che le testate diffonderebbero notizie false sulla Russia e soprattutto sull’andamento della guerra in Ucraina. Fra quelle europee ci sono poi il quotidiano francese Le Monde e l’agenzia France Presse, nonché i ‘colleghi’ spagnoli El Mundo ed Efe. Particolarmente colpita la Germania, con Der Spiegel, Die Zeit e Frankfurter Allgemeine Zeitung oscurati. Una rappresaglia tipica del modo di agire di Mosca, che imputa ad altri Paesi, reati e azioni che per realtà persegue lei, in un’ottica di ribaltamento della realtà.
In serata è tornata ’in funzione’ la linea telefonica Washington-Mosca. Lloyd Austin ha parlato con il ministro della Difesa russo Andrei Belousov. Lo ha detto il portavoce del Pentagono, sottolineando che i due hanno concordato di "tenere aperte le linee di comunicazione". Era dal marzo 2023 che il segretario alla Difesa Usa non parlava con il suo omologo di Mosca, all’epoca ancora Shoigu. A quanto riferito dalla Tass nella notte, Belousov ha evidenziato il "pericolo di un’ulteriore escalation a causa delle continue forniture di armi degli Stati Uniti alle forze armate ucraine".