Giovedì 12 Dicembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

L’agenzia Onu per le migrazioni: "I flussi si sono spostati a Ovest. L’industria della tratta si adegua"

Laurence Hart, responsabile Oim per il Mediterraneo: i trafficanti sono veloci a reagire alle restrizioni "Tuttavia Lampedusa resta sempre sotto pressione e c’è un lieve aumento di arrivi anche dalla Libia".

Roma, 8 aprile 2024 – Laurence Hart, direttore dell’ufficio di Roma e coordinatore dell’Oim per il Mediterraneo, i flussi migratori dall’Africa verso l’Europa stanno cambiando?

"Effettivamente c’è stato in questi mesi uno spostamento sulla rotta del Mediterraneo occidentale, con una riduzione della direttrice che passava dalla Tunisia e un aumento del flusso verso le Canarie. Però è molto prematuro dire che questo sia un cambio definitivo, anche perché abbiamo visto che nei giorni scorsi ci sono stati molti arrivi a Lampedusa, dove il centro è tornato sopra le 1.200 presenze nonostante i trasferimenti, e queste persone provenivano sia dalla Tunisia che dalla Libia. Diciamo che i trafficanti sono veloci a reagire alle restrizioni, in un senso o nell’altro. Quelli che restano uguali sono i motivi per i quali la gente si sposta: un aumento della conflittualità mondiale, anche nell’Africa sub-sahariana; la ricerca di migliori opportunità di lavoro che fanno fronte a una domanda sempre crescente nei Paesi sviluppati; e poi il cambiamento climatico, che spinge le persone a spostarsi".

Laurence Hart, direttore Oim Italia
Laurence Hart, direttore Oim Italia

Vista la drammatica situazione umanitaria a Gaza, avete notate uno spostamento di palestinesi verso l’Europa?

"Al momento, no. Il rischio c’è, ma molto dipende da quanto durerà la guerra. Molto spesso gli spostamenti avvengono solo dopo molti mesi. Guardiamo al Sudan, dove il conflitto è iniziato un anno fa e l’arrivo dei primi flussi in Europa è un fenomeno relativamente recente".

Come mai c’è stata una riduzione così rilevante dalla Tunisia?

"È probabilmente frutto del dialogo politico tra l’Europa e la Tunisia per spingerla a una migliore gestione delle migrazioni, che ha portato a un maggior controllo della polizia tunisina e delle autorità costiere sui flussi migratori".

E il leggero aumento dalla Libia come si spiega?

"Sono vasi comunicanti e l’industria della tratta si adegua molto rapidamente alle mutate condizioni, per garantire comunque partenze verso l’Europa. Se si stringe la corda in Tunisia una parte del flusso può andare in Libia e una parte verso le Canarie. Ma la situazione è strutturalmente fluida: controllare tutti i flussi con un approccio puramente securitario è una utopia".

Quale è la vostra posizione sulla scelta del governo italiano di fare un accordo con l’Albania per esternalizzare la gestione dei flussi?

"L’extraterritorialità pone sempre delle sfide perché bisogna sempre garantire la correttezza delle procedure e il rispetto dei diritti umani. Se queste salvaguardie fossero garantite con standard europei, non siamo pregiudizialmente contrari. Piuttosto viene da chiedersi se in operazioni di questi tipo la spesa sia proporzionata al risultato".

La convince l’approccio del cosiddetto piano Mattei?

"Penso che si debbano trovare delle soluzioni le più creative possibili per cambiare il paradigma di come si sono gestite le migrazioni fino ad adesso. Il piano Mattei è una scatola, che va riempita per garantire un impatto sui flussi. Sicuramente è una iniziativa potenzialmente utile, ma l’altro cambio di paradigma importante, e mi sembra che il governo italiano si stia spendendo in questa direzione, è la creazioni di canali regolari per la migrazione. L’impatto della creazione di canali regolari risponderebbe alla necessità europea di colmare i vuoti nella domanda di lavoratori, garantendo al tempo stesso un flusso ordinato e sicuro. Questo si inserirebbe bene nella creazione di partnership con i Paesi di origine, vedi il piano Mattei, estese anche oltre le migrazioni, che sarebbero di beneficio per tutti".