Alexey Navalny vive in Yulia Borisovna Navalnaja. E sarà lei a prendere il testimone e a condurre le battaglie del marito, della cui morte ha incolpato direttamente Vladimir Putin, accusandolo di aver usato l’agente nervino Novichok, lo stesso con il quale l’Fsb (il servizio segreto russo) aveva tentato di ucciderlo nel 2020. Gli otto minuti del video postato dalla moglie di Navalny sul canale YouTube del marito sono cristallini come la vodka e si concludono con una promessa solenne che è una chiamata all’impegno: "Continuerò il lavoro di Alexey Navalny. E vi invito a stare al mio fianco. Non solo per condividere il lutto e l’infinito dolore che ci ha inghiottito. Vi chiedo di condividere la furia. La furia, la rabbia, l’odio verso chi ha osato distruggere il nostro futuro". "Non avrei dovuto registrare questo video – ha detto Julia – Avrebbe dovuto esserci una altra persona al mio posto. Ma questo uomo è stato ucciso da Vladimir Putin. Mio marito era indistruttibile e per questo Putin lo ha ucciso. Vigliaccamente, senza mai guardarlo in faccia. E allo stesso modo, mentendo meschinamente, con codardia, stanno adesso nascondendo il suo corpo, mentendo e aspettando che scompaiano le tracce dell’ennesimo Novichok di Putin. Noi sappiamo perfettamente perchè Putin ha ucciso Alexey tre giorni fa, e ve lo diremo presto. Scopriremo esattamente chi e in quale preciso modo ha eseguito il crimine. Faremo i nomi e faremo vedere le facce".
Ma al di là dell’attribuzione delle responsabilità penali, c’è anche e soprattutto una questione politica. E qui Julia Borisovna Navalnaja non ha fatto sconti. "Putin mi ha portato via la persona più cara. Ma Putin ha portato via Navalny anche a voi. Insieme a lui, voleva uccidere le nostre speranze, la nostra libertà, il nostro futuro. La prova che la Russia può essere differente. Uccidendo Alexey – ha aggiunto – Putin ha ucciso metà di me, metà del mio cuore e metà della mia anima. Ma ho ancora l’altra metà. E mi dice che non ho il diritto di rinunciare. La forza la troverò, la troveremo, in lui".
“Navalny vittima di un lento avvelenamento. Bastrykin chiese la licenza di uccidere a Putin”
E infatti ha già cominciato, partecipando da ospite al Consiglio Europeo Esteri a Bruxelles. "Non dimenticate mai che Putin non è la Russia e la Russia non è Putin" ha detto Yulia Navalnaja nel suo intervento nel quale ha chiesto che "le prossime elezioni farsa non dovrebbero essere riconosciute dalla comunità internazionale" e ha sollecitato "sanzioni individuali contro i sostenitori del regime".
"L’Alto Rappresentante per la Politica Estera dell’Ue, Josep Borrell, a nome di tutti quanti noi – ha spiegato il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani – ha detto che continueremo a sostenere il diritto di parola in Russia, e chiederemo la liberazione di tutti i prigionieri politici. Daremo il nome di Navalny alle sanzioni inflitte alla Russia, e probabilmente ce ne saranno anche altre". Sarà una battaglia lunga.
Intanto dalla Siberia le notizie confermano che è in atto un ovvio e prevedibile tentativo di copertura. Alla madre di Navalny, ha riferito la portavoce del dissidente, Kira Yarmysh, è stato annunciato che "la salma non sarà restituita alla famiglia per altri 14 giorni", durante i quali devono essere eseguiti imprecisati "esami chimici". Con ogni probabilità si attende che non sia più possibile fare un esame tossicologico indipendente che riveli la presenza di Novichok o altri veleni. Yarmysh ha aggiunto che alla stessa madre e all’avvocato dell’oppositore "è stato impedito in mattinata per la seconda volta in tre giorni di entrare nell’obitorio di Salekhard". Tutto come da programma.
Mentre molti Paesi hanno convocato l’ambasciatore russo, il Cremlino è imperturbabile. "Le indagini sulla morte di Alexei Navalny sono in corso e vengono condotte in conformità con la legge russa, attendiamo i risultati" ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, per il quale "la reazione dell’Occidente alla notizia è stata assolutamente inaccettabile e francamente odiosa". Non che sperassero in qualcosa di diverso, anzi, ma mostrarsi mortalmente offesi fa parte del gioco.