Venerdì 23 Agosto 2024

La tregua a Gaza si allontana. Israele e Hamas temporeggiano. Non c’è accordo sui corridoi

Il pressing Usa su Netanyahu non sblocca i negoziati, parti ancora distanti sull’occupazione. La linea rossa è la presenza dei militari di Tel Aviv a presidio dei varchi Filadelfia e Netzarim.

La tregua a Gaza si allontana. Israele e Hamas temporeggiano. Non c’è accordo sui corridoi

Il pressing Usa su Netanyahu non sblocca i negoziati, parti ancora distanti sull’occupazione. La linea rossa è la presenza dei militari di Tel Aviv a presidio dei varchi Filadelfia e Netzarim.

di Aldo Baquis

TEL AVIV

Dopo una telefonata dai toni bruschi fra il presidente Joe Biden – che insisteva per il raggiungimento "con urgenza" di un accordo sulla tregua a Gaza e per la rimozione di ogni ulteriore impedimento – e il premier Benjamin Netanyahu, due dirigenti israeliani si sono recati ieri al Cairo con nuove proposte. Il capo del Mossad David Barnea e il capo dello Shin Bet (sicurezza interna) Ronen Bar hanno presentato ad un consigliere di Biden e al capo dell’intelligence egiziana un nuovo progetto per l’Asse Filadelfia. Si tratta dei 12 chilometri di confine fra Egitto e Gaza sotto al quale per anni è fiorito il contrabbando di armi a beneficio dell’ala militare di Hamas. "Siamo determinati ad impedire che da Gaza si torni a minacciare Israele" ha ribadito Netanyahu, riferendosi all’importanza strategica dell’Asse Filadelfia. "Il confine sud di Gaza deve essere sigillato".

Ma, secondo i media, sotto la spinta delle pressioni Usa, Israele sarebbe adesso disposto a ‘diluire’ la propria presenza militare in quella zona. Una proposta respinta in partenza da Hamas che continua a condizionare qualsiasi accordo alla cessazione definitiva dei combattimenti e ad un ritiro totale delle forze israeliane. Ci sono ancora alcuni giorni per avvicinare le posizioni. Un nuovo vertice fra Usa, Egitto, Qatar e Israele dovrebbe svolgersi al Cairo domenica, dopo essere slittato di continuo nei giorni scorsi. Ieri il presidente palestinese Abu Mazen ha aggiornato le autorità egiziane che progetta di recarsi presto a Gaza. Il suo obiettivo, ha spiegato un suo consigliere, è "fermare la guerra a Gaza, ribadire la unità territoriale fra la Cisgiordania e la Striscia, e sostenere gli abitanti di Gaza contro ogni progetto di espulsione". Abu Mazen ha informato Israele che intende entrare nella Striscia attraverso il valico di Erez o quello di Kerem Shalom: ma ancora non ha ricevuto alcun commento.

Un altro elemento di discordia riguarda il ‘Corridoio Netzarim’: una pista militare utilizzata per facilitare l’afflusso di rinforzi in caso di necessità e per separare la Striscia in due tronconi. In futuro servirebbe a passare al setaccio masse di sfollati diretti dal sud al nord di Gaza, e a bloccare il transito di unità di Hamas.

Ma mentre i negoziatori si scambiano carte, sul terreno l’esercito israeliano (secondo fonti palestinesi) starebbe lavorando ad un terzo corridoio, fra Filadelfia e Netzarim, a ridosso di Khan Yunis. Carri armati, reparti di artiglieria e droni sono entrati ieri in azione fra il kibbutz Kissufim e la località palestinese di Qarara, costringendo ad una fuga precipitosa migliaia di sfollati.

Analisti israeliani ritengono che le posizioni di fondo di Netanyahu e di Sinwar siano inconciliabili. Il primo ritiene inevitabile che Israele mantenga un controllo di sicurezza ad oltranza all’interno della Striscia. Il secondo spera in un inasprimento della guerra di logoramento fra Hezbollah e Israele e a una possibile estensione del conflitto (quello che Hamas ha presentato il 7 ottobre come ‘la alluvione al-Aqsa’) anche a Cisgiordania ed Iran.

Sinwar, secondo il Washington Post, avrebbe chiesto garanzie che, in caso di accordo, non sarà ucciso. Ma anche lui comprende che la sua unica polizza di sicurezza sono gli ostaggi israeliani. Una volta liberati, sarebbe un ‘Dead man walking’.

Inoltre Sinwar – che parla fluentemente l’ebraico – ha probabilmente notato che 10 mesi di guerra hanno molto scalfito non solo il deterrente militare di Israele ma anche la sua potenza economica. Agenzie internazionali di rating stanno esprimendo preoccupazione per il futuro di quel mercato. Il prodotto nazionale pro capite è già calato, la inflazione sale. Il governatore della Banca d’Israele Ron Yaron ha dunque chiesto al ministro delle finanze Bezalel Smotrich misure energiche di emergenza. Ma finora invano.