Domenica 23 Febbraio 2025
LUCA BOLOGNINI
Esteri

La trattativa Stati Uniti-Ucraina. Terre rare, la nuova minaccia Usa: "Firmate o spegniamo Starlink"

La seconda bozza dell’accordo è ancora più dura rispetto a quella già rifiutata da Zelensky. Il direttore del Cesi: "Washington vuole allentare subito l’alleanza tra Mosca e Pechino".

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, 47 anni

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, 47 anni

Così rare che potrebbero essere inesistenti. La trattativa tra Washington e Kiev si è incagliata sul potenziale sfruttamento da parte degli Stati Uniti delle cosiddette terre rare che si trovano in Ucraina. Si tratta di una lista di 17 elementi chimici (tra cui scandio, ittrio e lantanio) che servono – tra le altre cose – per produrre superconduttori e componenti dei veicoli elettrici. Trump, in un’intervista a Fox News di qualche giorno fa, aveva detto che per chiudere l’accordo voleva l’equivalente di "500 miliardi di dollari in terre rare". Una cifra, come sottolineato da Bloomberg, fuori da ogni logica. Attualmente la produzione globale di tutte le terre rare vale 15 miliardi l’anno. Se anche Kiev fosse miracolosamente in grado da sola di produrre il 20% di questi elementi chimici, gli Usa dovrebbero firmare un diritto di sfruttamento di 150 anni delle miniere ucraine per raggiungere i 500 miliardi. Ma per fare il miracolo, stando alle analisi del sottosuolo di Kiev e dintorni, servirebbe un altro miracolo: il Paese ha solo modeste miniere di scandio e secondo lo Us Geological Survey, tra le massime autorità mondiali in materia, per quanto riguarda gli altri sedici elementi chimici i depositi sono inesistenti.

Ma allora da dove viene la cifra dei 500 miliardi? C’è un documento, che porta il timbro della Nato, ma che è stato redatto da un’istituzione affiliata e fuori dalla catena di comando, che parla di riserve ucraine di terre rare che varrebbero 500 miliardi. Peccato che nella lista vengano inclusi titanio, litio, berillio, gallio, grafite, uranio e chi più ne ha più ne metta. Ed è forse su questa confusione tra terre rare e materie prime critiche, che si può spiegare il perché le trattative si siano incagliate. Anche perché per Kiev sarebbe stato un colpo da maestro cedere agli Stati Uniti, in cambio di aiuti stimati attorno ai 120 miliardi di dollari, qualcosa che non ha. "Trump come sempre parla da politico e – fa notare Marco Di Liddo, direttore del Cesi – non da tecnico. Gli Usa non stanno trattando per le sole terre rare, ma per tutte le materie prime critiche. Per questo Volodymyr Zelensky, vista la sproporzione, ha rifiutato".

E dopo il no del presidente ucraino, gli Usa hanno rilanciato alla maniera di The Donald. La seconda bozza dell’accordo, sempre dal valore di 500 miliardi, secondo il New York Times non prevede alcuna delle garanzie richieste dal presidente ucraino e in cambio chiede all’Ucraina di rinunciare alla metà dei suoi introiti derivanti dalle risorse naturali, inclusi minerali, gas e petrolio. E, come se non bastasse, dovranno essere girati anche i guadagni provenienti da porti e altre infrastrutture.

Secondo Reuters, inoltre, gli Stati Uniti hanno minacciato l’Ucraina di sospendere il servizio Starlink, la rete satellitare di Elon Musk in grado di accendere Internet anche nei luoghi più remoti e fondamentale sul campo di battaglia, se Zelensky non firmerà l’accordo sulle terre rare (leggi materie prime critiche). "Per gli Usa questi elementi sono fondamentali – spiega Di Liddo – in un’ottica di confronto con la Cina. L’America al momento è di fatto un importatore netto e vuole ridurre la sua dipendenza da Pechino nel caso in cui dovesse accendersi un conflitto".

Ed è proprio lo spostamento dell’interesse americano verso l’indo-pacifico il fattore che accelera la volontà Usa di chiudere il tavolo ucraino. Entro le prossime due settimane, secondo quanto riferito dal viceministro degli Esteri russo, le delegazioni di Mosca e Washington potrebbero incontrarsi di nuovo, anche per preparare un incontro tra Trump e Putin. Nella risoluzione proposta all’Onu l’altra sera dal segretario di Stato, Marco Rubio, l’America ha poi chiesto una "fine rapida della guerra", ma senza menzionare l’integrità territoriale ucraina né il ritiro delle truppe russe. E, contemporaneamente, Washington ha fatto pressioni su Kiev (respinte) affinché ritirasse la sua bozza, concordata con i Paesi europei. "Un accordo sull’Ucraina consentirebbe agli Usa di strizzare l’occhio al Sud globale e allentare l’alleanza tra Mosca e Pechino. Anche se l’America resta di gran lunga la prima potenza militare mondiale, tenere aperti troppi fronti – sottolinea DI Liddo – presenta dei rischi. Non credo si arriverà a un accordo in stile Yalta. Visti gli interessi contrapposti, l’esito più probabile, al momento, è quello di un cessate il fuoco rinforzato. Anche perché, va sempre ricordato, la Russia sta trattando con Trump, presidente per i prossimi quattro anni, e non con l’America".