Venerdì 17 Gennaio 2025
ALDO BAQUIS
Esteri

La Striscia è tutta da ricostruire. Hamas non cede, palestinesi divisi

La stima Onu: danni per 80 miliardi di dollari, 15 anni di lavori. L’Anp vuole i miliziani fuori dal nuovo governo

Sopra: Membri di Hamas arrivano a Khan Yunis. In alto: Abu Mazen, leader dell’Anp

Sopra: Membri di Hamas arrivano a Khan Yunis. In alto: Abu Mazen, leader dell’Anp

Il 70% delle abitazioni distrutte o severamente danneggiate. Enormi quantità di macerie da rimuovere e di ordigni da disinnescare. Infrastrutture totalmente da ricostruire assieme a scuole e ospedali. Servizi da garantire a masse enormi di sfollati, tuttora esposti alle intemperie in precari attendamenti. Questo il quadro aggiornato della situazione a Gaza in un rapporto delle Nazioni Unite, secondo cui l’ammontare del processo di ricostruzione potrebbe raggiungere la cifra di 80 miliardi di dollari, con lavori che richiederebbero fino a 15 anni. Un’impresa ciclopica che attende adesso la leadership nazionale palestinese a Gaza, la quale però resta più divisa che mai.

Ieri il premier palestinese Mohammad Mustafa ha ribadito che le dimensioni del disastro umanitario a Gaza richiedono gli sforzi congiunti di tutti "sotto l’egida dell’Olp": ossia dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) di Abu Mazen. Parole molto significative mentre in Cisgiordania le forze di sicurezza dell’Anp cercano di reprimere con la forza fazioni ben armate legate a Hamas e alla Jihad islamica. I palestinesi, ha confermato Hussein a-Sheikh a nome dell’Olp, "sono impegnati in una ricostruzione totale della Striscia e respingono in modo categorico ogni divisione dei territori palestinesi fra Gaza e la Cisgiordania". E su questa linea di azione la commissaria europea Hadja Lahbib, dopo un colloquio col premier Mustafa, ha assicurato che l’Unione Europea è pronta ad aiutare l’Anp "a mantenere la sicurezza e a considerare la governance a Gaza". "È chiaro – ha aggiunto – che Hamas non può più svolgere un ruolo di rappresentanza politica. Quindi dobbiamo garantire un buon coordinamento". Una visione che ricalca la politica enunciata dal segretario di Stato uscente Antony Blinken, secondo cui l’Anp "dovrebbe rivolgersi a partner internazionali per aiutare a costituire e a gestire un’amministrazione temporanea che abbia responsabilità critiche nel settore civile a Gaza". Una "missione temporanea di sicurezza", composta da personale palestinese e da forze di Paesi alleati, "dovrebbe inoltre impedire a Hamas di tornare a dotarsi di capacità militari".

Ma questi progetti, ancora in fase embrionale, si scontrano con la realtà sul terreno. Mercoledì, con l’annuncio della tregua, nella folla uscita a festeggiare in diverse località della Striscia c’erano anche i miliziani di Hamas, decisi a ricordare che restano ancora padroni del mantenimento dell’ordine pubblico. Guardie di Hamas hanno anche percosso, a scopo dimostrativo, persone sospettate di aver saccheggiato edifici colpiti dalle bombe. E anche sul piano retorico Hamas non lascia dubbi sulla propria determinazione a proseguire lungo la strada intrapresa il 7 ottobre 2023 con quella che Yahia Sinwar definì "la alluvione al-Aqsa". Quella data – ha affermato Halil el-Haya, esponente di spicco dell’ufficio politico di Hamas – "ricorda un miracolo, è fonte di orgoglio". Hamas proseguirà la lotta "fino alla liberazione di Gerusalemme e della Moschea al-Aqsa". Già in questi mesi il nuovo leader locale Mohammad Sinwar ha arruolato migliaia di leve in sostituzione dei combattenti caduti in guerra: oltre 15 mila, secondo le stime dell’esercito israeliano. Hamas, ha chiarito, non intende in alcun modo uscire di scena.

Aldo Baquis