Roma, 24 luglio 2023 – Alberto Núñez Feijóo (1961), ex dirigente pubblico, è stato per più di dieci anni, dal 2009 al maggio 2022, presidente della Galizia. Ad aprile 2022 ha sostituito (senza combattere, era il candidato unico) Pablo Casado, di venti anni più giovane, alla guida del Ppe. Non è un oratore trascinante e non parla lingue straniere. Eppure, in Galizia aveva sempre vinto le elezioni e con lui il Ppe aveva fatto il salto decisivo (nei sondaggi) che lo aveva portato dal 28%, alla pari con i socialisti, a superalo di 6 punti, preannunciando una vittoria netta. Va detto che la rimonta era cominciata molto prima. Dall’inizio del 2019. Ed è continuata in maniera lineare durante tutto il governo Sanchez. La sinistra ha mantenuto, nel complesso, una percentuale di voti simile al 2019, ma la strategia del governo si è rivelata elettoralmente un azzardo.
Elezioni in Spagna: i risultati
Come era già successo con Zapatero tra il 2004 e il 2011, Sanchez ha interpretato la vittoria del 2019 come il mandato per una ambiziosa agenda di cambiamento culturale secondo i canoni di una sinistra antifranchista, ambientalista, femminista, attenta al rispetto delle identità di genere soggettivamente percepite, favorevole alle autonomie. Con varie iniziative controverse come le leggi sulla "memoria storica" e sulla "violenza sessuale" o come la riabilitazione dei secessionisti baschi e catalani, ha messo in scena una forte polarizzazione su quei temi con i popolari e, soprattutto, con gli iper-conservatori e iper-nazionalisti di Vox. In un clima ideologicamente arroventato, complicato dai rumorosi conflitti interni al Psoe e agli alleati di Podemos, non ha aveva goduto della benevolenza dell’opinione pubblica non schierata che altrove ha avvantaggiato i governanti in carica durante il Covid.
I risultati delle amministrative e i sondaggi davano a vedere che della polarizzazione ideologica avrebbero beneficiato soprattutto la destra tradizionale di Núñez Feijóo e quella arrembante di Santiago Abascal. A giudicare dallo scrutinio quasi completo, il Pp vince di poco, anche il Psoe cresce e nel complesso la sinistra tiene più del previsto, Vox è al di sotto delle aspettative. Gli alleati spagnoli di Fratelli d’Italia potrebbero aver inoltre pagato, sul piano dei numeri parlamentari, il fatto che sono elettoralmente più forti nelle aree agricole, dove la soglia di sbarramento implicita del sistema elettorale è più alta, e che non sono cresciuti abbastanza per superarla. La polarizzazione, dopo avere indotto Ciutadanos alla ritirata, ha premiato tutti e due i tradizionali partiti e ha prosciugato gli autonomisti.
Se il ridimensionamento elettorale di Vox è una buona notizia per il Pp, il loro magro risultato in seggi mette a rischio il raggiungimento dei 176 seggi necessari per essere autosufficienti alle Cortes (la Camera). Nonostante i governi di minoranza siano molto ricorrenti in Spagna, stavolta potrebbe essere complicato far nascere l’esecutivo se i due partiti di destra dovessero fermarsi sotto la soglia dei 176 seggi.
Un governo di minoranza potrebbe infatti nascere, teoricamente, se i partiti autonomisti o almeno uno tra loro, come hanno fatto in passato in vari casi, compreso con il governo Sanchez, si astenessero. Ma stavolta anche quelli tradizionalmente espressione di un elettorato più vicino alle posizioni del centrodestra, come i catalani di Junts (Uniti per la Catalogna), sono respinti da Vox e diffidenti anche verso le pulsioni centraliste cresciute nel Pp. Ancora più difficile, d’altro canto, nonostante l’ottimo risultato del Psoe, che tutti i partiti autonomisti e la sinistra si uniscano per dare vita a un nuovo governo Sanchez. Rimane quindi lo spettro di una replica del 2019 con elezioni anticipate nel corso dello stesso anno.