DAMASCO (Siria)
Uscite rapidamente di scena l’Iran e la Russia, ora alla ribalta della nuova Siria si affaccia la Turchia che, in seguito al successo militare delle forze dei ribelli anti-Assad, ha immediatamente riaperto la propria ambasciata a Damasco, dopo una chiusura durata 12 anni. Ed Ankara ha deciso di battere il ferro finché era caldo. "La Turchia è pronta a fornire aiuti militari al nuovo governo, se esso ce lo chiederà", ha annunciato ieri il ministro turco della difesa Yasar Guler. E chi segue con particolare attenzione questi sviluppi è Israele, i cui rapporti con Tayyp Erdogan sono sempre più burrascosi a causa del suo sostegno ad oltranza ad Hamas.
La Turchia ha già criticato l’ingresso di forze israeliane in territorio siriano, sul Monte Hermon e a ridosso delle alture del Golan ed i ripetuti attacchi aerei contro le installazioni militari dell’esercito di Assad. Lo stesso leader della rivolta Ahmed a-Shara (finora noto col suo nome di battaglia Abu Mohammed al-Jolani) ha rilevato che con la partenza dal territorio siriano delle forze dei Pasdaran iraniani Israele non ha più alcuna giustificazione per proseguire con quegli attacchi. Il nuovo esecutivo si è già rivolto alle Nazioni Unite per chiedere che Israele rispetti la sovranità del suo Paese e ritiri le truppe dalle aree occupate. Al tempo stesso, in dichiarazioni pubbliche, a-Shara ha affermato che il suo popolo è allo stremo e che non intende innescare nuovi conflitti con i vicini israeliani.
Ma, data l’estrema complessità delle formazioni armate che con programmi politici disparati hanno abbattuto il regime di Bashar Assad, Israele preferisce garantirsi un margine di manovra. Le truppe entrate in territorio siriano resteranno in zona prevedibilmente per i prossimi mesi, "per garantire protezione alle località israeliane sul Golan". Ieri inoltre il premier Benyamin Netanyahu ha annunciato che intende rafforzare la presenza israeliana sul Golan con finanziamenti tali da raddoppiarvi la popolazione ebraica (23 mila persone).
Riguardo alla politica turca, l’incognita principale di Israele è legata alla libertà di manovra della propria aviazione sui cieli della Siria. Con la Russia Israele aveva
messo a punto un complesso sistema di ‘coabitazione’ che ha funzionato per anni con un unico incidente di rilievo: l’abbattimento nel 2018 di un aereo militare russo con 15 persone a bordo. La situazione potrebbe cambiare se adesso la Turchia si assumesse l’incarico di proteggere i cieli siriani con la propria aviazione.
Nel frattempo il compito che attende a-Shara risulta molto complesso. Ieri ha rassicurato la comunità internazionale sulla sorte dei curdi nel Paese, affermando che essi fanno parte a pieno titolo dello Stato. "I curdi sono parte della patria, come noi sono stati oppressi dal precedente regime. Saranno parte integrante dello Stato". Ma su questo punto dovrà manovrare con cautela perché già ieri Guler ha ribadito che la priorità della Turchia in Siria è di lottare contro i separatisti curdi del Pkk-Ypg. Le pressioni turche rischiano dunque di riflettersi negativamente sul progetto di a-Shara di garantire la coesione geografica della Siria dopo anni di lacerazioni.
Un primo esempio della complessita’ della situazione si è avuto già ieri quando nella città curda di Kobane, pochi chilometri a sud del confine fra Siria e Turchia, unità speciali Usa hanno assunto il controllo di postazioni russe appena abbandonate. Un segnale, secondo diversi analisti, che gli Stati Uniti intendono proteggere le aree autonome curde, anche da minacce provenienti dalla Turchia.