di Alssandro Farruggia
Contrordine compagni. Il golpe non si fa più. La guerra civile neppure. Torniamo a casa. Quando le truppe della Wagner erano giunte a 130-150 chilometri da Mosca dopo una cavalcata di 950 chilometri in 20 ore che sembrava inarrestabile, una lunga mediazione promossa e condotta dal presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha prodotto all’ora di cena il miracolo: insurrezione abortita, i mercenari tornano nelle loro caserme. Incredibile.
"I negoziati, d’intesa con il presidente Putin – ha fatto sapere la presidenza di Minsk – sono proseguiti per tutta la giornata e sono giunti a un accordo sull’inammissibilità di scatenare un sanguinoso massacro sul territorio della Russia. Prigozhin ha accettato la proposta di fermare il movimento della compagnia Wagner sul territorio della Russia e di compiere ulteriori passi per allentare le tensioni". Al momento, è sul tavolo un’opzione vantaggiosa e accettabile per risolvere la situazione, con garanzie di sicurezza per i combattenti Wagner".
La compagnia di mercenari non sarà inglobata nel ministero della Difesa e manterrà la sua autonomia. Quanto a Prigozhin, l’incriminazione sarà archiviata e lui sarà accolto dalla Bielorussia. E Prigozhin ha confermato in un messaggio audio lo stop all’avanzata delle sue truppe. "Siamo arrivati a 200 chilometri da Mosca senza versare una goccia di sangue. Ora che per continuare dovremmo versarne, per senso di responsabilità facciamo invertire la rotta ai nostri convogli e facciamo ritorno alle nostre basi. Torniamo in Ucraina". Considerando che a mezzodì Wagner aveva annunciato che "la guerra civile è ufficialmente iniziata" e che nell’insurrezione erano stati abbattuti ben quattro elicotteri e due aerei dei “lealisti“, il cambio di registro è totale.
Prigozhin aveva deciso di intervenire in Russia (ma secondo alcuni la mossa era pianificata da giorni, visto che molti soldati Wagner hanno avvertito le famiglie di "guardare Rossia 24", il canale all news russo) e nella notte era entrato su due direttrici. Una dal Donbass verso sudest, Rostov sul Don: il 7° gruppo di assalto ha preso Novorcessk dove ha sede il comando sotterraneo che gestisce le operazioni militari russe in Ucraina, il 1° gruppo di assalto è entrato a Rostov e l’ha conquistata senza spirare un colpo, sede del comando sud compresa. Una altra colonna è entrata nella base aerea di Milerovo mentre una quarta conquistava la base di Taganrog, a 100 km da Rostov. Il tutto sostanzialmente senza resistenza russa. Nella seconda direttrice una colonna ha puntato a nord, su Voronezh, dove hanno mosso anche altri due gruppi di assalto provenienti da Rostov. Da lì, di corsa verso Mosca. Hanno poi preso Voronezh e l’hanno passata in gran carriera (con i blindati sui mezzi da trasporto) puntando verso Lipetsk e Yelets per poi salire industrubati fino a 200 km dalla capitale che nella notte e poi nelle prime ore del mattino era nel panico, con truppe a proteggere il Parlamento, il Cremlino, i ministeri e la tv e poi schierate a un centinaio di chilometri a sud della città. Tutto sembrava precludere a una guerra civile.
A gettare la benzina sul fuoco, in mattinata, anche un duro intervento di Vladimir Putin. "Oggi la Russia – ha detto – sta conducendo una dura lotta per il suo futuro. Azioni che ci dividono sono un atto di tradimento del popolo, una pugnalata alla schiena del Paese e del popolo russo, come nel 1917". "Interessi personali – ha aggiunto – hanno portato al tradimento del nostro Paese e della causa per cui i nostri militari stanno combattendo. Proteggeremo sia il nostro popolo che la nostra statualità da qualsiasi minaccia. Tutti quelli che hanno scelto il tradimento saranno puniti: sono stati dati gli ordini necessari". Per ora, anche no. Per ora.