New York, 22 luglio 2024 – Sono passati solo pochi secondi dalla lettera di abbandono. Con una dichiarazione separata Joe Biden ha sigillato il suo sacrificio rinunciando alla corsa presidenziale con la sponsorizzazione di Kamala Harris nella corsa alla Casa Bianca. In poche righe ha spiazzato i falchi e quei dem che puntavano ad una convention aperta per azzerare l’intero ticket democratico a poco più di 100 giorni dal voto.
Harris ha ricevuto da lui l’investitura al telefono perché impegnata in un tour elettorale. Dirà, poi, che non sapeva della scelta fino all’ultimo e promette di “guadagnarsi la nomination” e di “battere Trump”. Vero è che l’ultima parola spetta al partito e ci sono aspetti tecnici da chiarire per il trasferimento delle centinaia di milioni di dollari di fondi elettorali intestati e raccolti col nome del vecchio Joe e della sua macchina elettorale. Kamala comunque potrebbe non avere particolari ostacoli per la nomination democratica e sarà lei a questo punto a scegliere il suo vice: il consenso del partito potrebbe arrivare anche attraverso un voto elettronico nella prima decade di agosto, addirittura due settimane prima della convention prevista dal 19 agosto a Chicago.
In coro i democratici ribelli e fedeli tirano un respiro di sollievo dopo l’endorsement a Kamala da parte di Biden. Adesso, anche se ha agito dopo molte pressioni considerano il presidente uscente un vero patriota, un eroe della democrazia, l’uomo che dalla Casa Bianca nei prossimi mesi porterà i democratici ad una nuova vittoria. Non importa se Trump ha già detto che “Kamala sarà più facile da battere del rimbambito Joe”. In realtà i repubblicani non lo pensano e la temono. Sanno che dietro di lei l’intero partito democratico si unirà immediatamente avendo come obiettivo la distruzione della agenda ultraconservatrice agenda di Trump e Vance, dettata dai Maga e dalla resolution 2025.
Kamala ha avuto anche lei una strada in salita fino all’endorsement di ieri. Soprattutto nei primi mesi di vice-presidenza perché si sentiva compressa dallo staff di Biden e non libera di esprimersi come avrebbe voluto. Ma l’hanno riscoperta nelle ultime settimane quando ha ripreso il vecchio piglio da procuratrice che combatte i criminali condannati e sulla carta Trump è uno di questi.
Il toto-vice adesso vede molte persone sulla panchina e, se dietro le quinte il vecchio Joe che ha ottenuto uno spazio di manovra di fronte al suo solenne sacrificio, il primo fra i papabili rimane il governatore della California Gavin Newsom molto gradito allo stesso Biden . Oppure il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro che dovrebbe portare in dote anche un importante Stato in bilico. Ma la lista è molto più lunga e include anche il ricchissimo governatore dell’illinois J.B.Pritzker e la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer, sempre che i democratici (cosa molto improbabile) puntassero ad un ticket tutto rosa. Nomi da numeri 2 che potrebbero diventare anche numeri 1, se i dem decidessero di scaricare la blindatissima Kamala, sangue indiano e giamaicano. Ieri, intanto, Gavin Newsom e Gretchen Whitmer hanno fatto sapere di non avere intenzione di sfidare la donna scelta da Biden.