Lunedì 23 Dicembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Esteri

La reazione. Anche l’Italia si blinda. Controlli al confine con la Slovenia

Meloni: decisione necessaria per l’aggravarsi della situazione in Medio Oriente. Già dieci i Paesi della Ue che hanno sospeso il trattato di Schengen. .

La reazione. Anche l’Italia si blinda. Controlli al confine con la Slovenia

La guerra di Gaza, ma ancor di più l’attentato di Bruxelles, rimbalzano in Europa e ne terremotano il cuore stesso: il trattato di Schengen, la libera circolazione fra i Paesi europei. Dieci, finora, sono gli Stati che hanno deciso di chiudere questa o quella frontiera. L’Italia ieri ha ripristinato la dogana con la Slovenia: da sabato verranno rafforzati i controlli al confine. Un passo che avevano già compiuto Austria, Francia, Germania, Norvegia, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia, Svezia. E la stessa Slovenia decide di fare altrettanto verso Croazia e Ungheria. Una mossa, quella di Palazzo Chigi, accolta dagli applausi scroscianti della Lega e di FdI. Come da prassi, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, l’ha notificato alla commissione europea per lettera, e la premier ci ha messo la faccia: "La decisione si è resa necessaria per l’aggravarsi della situazione in Medio Oriente, l’aumento dei flussi migratori lungo la rotta balcanica e soprattutto per questioni di sicurezza nazionale e me ne assumo la piena responsabilità", scrive sui social Giorgia Meloni.

In sé la sospensione della libera circolazione non è una notizia eclatante: dal 2006 è già successo 387 volte per le ragioni più disparate. L’Italia, per dire, lo aveva fatto per grandi eventi come il G8 all’Aquila nel 2009, il G7 a Taormina nel 2017 o il G20 del 2021 a Roma. Ma non era mai successo che a chiudere i confini fosse un così elevato numero di Paesi contemporaneamente, segnale evidente di un allarme reale che ha superato i livelli di guardia dopo gli ultimi attacchi. Non casualmente, il governo italiano per blindare la frontiera ha pigiato sul tasto della procedura d’urgenza prevista dall’articolo 28 del codice Schengen – che si usa in caso di allarme alto – per ripristinare immediatamente i controlli che, infatti, inizieranno il 21 ottobre e dureranno 10 giorni. Potranno esserci delle proroghe, ciascuna della durata di 20 giorni, fino ad un massimo complessivo di 2 mesi. Raggiunto questo tetto, è possibile attivare la procedura ordinaria secondo l’articolo 25 che prevede proroghe fino a 6 mesi. In questo quadro, s’inserisce la riunione a Palazzo Chigi della premier con i ministri dell’Interno, Piantedosi, degli Esteri, Tajani, della Giustizia, Nordio, il sottosegretario alla presidenza Mantovano e i vertici dell’intelligence per valutare le possibili ricadute del conflitto mediorientale "anche alla luce degli ultimi episodi accaduti in Francia e Belgio". Al momento, intanto, i riflettori sono puntati su una cinquantina di radicalizzati in Italia e per questo sorvegliati dagli investigatori: non si tratta solo di richiedenti asilo ma anche di persone integrate, che vivono stabilmente qui. Dall’inizio di quest’anno – fanno sapere dal Viminale – già in 54 sono stati espulsi per motivi di sicurezza dello Stato. L’ultimo è un 28enne gambiano sbarcato in Italia nel 2016. Da notare, peraltro, che dopo il caso dell’attentatore di Bruxelles irregolare radicalizzatosi in giro per l’Europa senza essere mai espulso, la Commissione Ue annuncia che presenterà una proposta per rendere i rimpatri obbligatori in caso di minaccia alla sicurezza, mentre oggi sono a discrezione di singoli stati membri.

C’è un ulteriore elemento, però, che rende la sospensione di Schengen sulla rotta balcanica eccezionale. Nella missiva inviata a Bruxelles, infatti, per spiegare l’accelerazione nella chiusura della frontiera con la Slovenia Piantedosi ha richiamato "la costante pressione migratoria cui l’Italia è soggetta, via mare e via terra con 140 mila arrivi sulle coste italiane, +85% rispetto al 2022. Nella sola regione del Friuli Venezia Giulia dall’inizio dell’anno sono state individuate 16 mila persone entrate irregolarmente sul territorio nazionale". È lecito il sospetto che l’emergenza contro la minaccia terroristica apra la strada a scelte drastiche nei confronti di un problema invece cronico come l’immigrazione. Di qui una certa preoccupazione che si avverte negli ambienti dell’opposizione. "È una decisione che appare frutto di pulsioni sovraniste e della volontà di strumentalizzare l’attuale scenario per adottare misure emergenziali", riassume gli umori Pina Picierno (Pd), vicepresidente del Parlamento europeo.

La premier però ha già messo le mani avanti cercando di stroncare ogni polemica ancor prima che prenda corpo e assumendo la responsabilità della mossa.